L’arte del rinvio del Conte-bis

mercoledì 4 dicembre 2019


Il Governo giallorosso del Conte-bis segna il passaggio dalla politica intesa come arte del compromesso alla politica diventata arte del rinvio. La ferma determinazione del Premier nel difendere a spada tratta il Mes ribadendo che il testo dell’intesa Salva-Stati non sarebbe stato mai modificato, è diventata l’annuncio della propria disponibilità al rinvio della questione. A quando? Non prima di gennaio, dopo che il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, altro difensore ad oltranza della intangibilità dell’accordo, non avrà trattato con la Ue qualche aggiustamento alle clausole del trattato pseudo-immodificabile.

La contorsione di Giuseppe Conte, ovviamente, trova una giustificazione nella necessità di non far cadere il Governo contro l’ostinazione del Movimento 5 Stelle ad imporre la propria volontà tesa a rivedere il Mes all’alleato Partito Democratico, attestato come sempre ad oltranza sull’europeismo acritico. Ma l’arte del rinvio non si ferma al Salva-Stati. Dell’Ilva, ormai, non si parla più. Perché anche la soluzione della questione è stata rinviata a data da destinarsi e la grande stampa compiacente si è subito messa a disposizione del Governo per mettere la sordina alla questione dell’acciaieria tarantina. Anche in questo caso il rinvio ed il silenzio sono motivati dalla esigenza di non mettere in difficoltà il Governo. E l’Alitalia? A che serve il prestito-ponte di 400 milioni di euro se non a rinviare nel tempo un problema a cui non si è saputo dare una qualsiasi risposta? Con l’ennesimo stanziamento del Governo si andrà avanti ancora qualche mese. Poi, evitato l’inciampo immediato, si vedrà. Magari con un nuovo prestito-ponte in attesa di qualche volonteroso gestore disposto a tirare fuori dal fuoco le castagne lasciate bruciare dall’Esecutivo.

L’elenco, com’è noto, può andare avanti all’infinito. Con le grandi opere, la Gronda di Genova e tutti i casi di aziende in difficoltà paralizzate dall’arte del rinvio di un Governo obbligato dalla propria inerzia e dalle proprie contraddizioni a gettare sempre la palla in tribuna non sapendo come debba e possa essere giocata.

Ma quando si fischia la fine della partita? Domandare all’arbitro del Quirinale!


di Arturo Diaconale