L’impunità per l’antisemitismo di sinistra

mercoledì 15 gennaio 2020


Se l’antisemitismo viene dal mondo dell’estrema destra la condanna, l’indignazione e l’esecrazione sono totali. Senza nessun tipo di distinguo o di attenuante. Il ché è assolutamente sacrosanto poiché questo tipo di antisemitismo si fonda sulla negazione dell’Olocausto, cioè di un evento storico che non può essere messo minimamente in discussione. Quello di una “soluzione finale” che non è stata il frutto di una finzione cinematografica, come forse può venire in mente ai più distratti delle nuove generazioni, ma di un progetto discusso, analizzato e messo in pratica dal gruppo dirigente nazista con larghezza di mezzi, teutonica meticolosità e precisione scientifica.

Questo tipo di antisemitismo di estrema destra è irreale perché si ostina a non riconoscere una pagina di storia inequivocabile. Ma accanto ad esso c’è un alto tipo di antisemitismo, quello proveniente non da una minoranza ma da una parte considerevole della sinistra, che celebra i morti ebrei del passato ma non ha alcuna esitazione a creare un clima di discredito, insofferenza e rigetto degli ebrei del presente simile a quello che negli anni Trenta preparò il terreno per la “soluzione finale” dei primi degli anni Quaranta.

Le similitudini tra le due forme di antisemitismo, quello che vive nel passato e quello che opera nel presente, sono numerose. Allora gli ebrei erano l’espressione dell’alta finanza capitalistica e metterli fuori gioco avrebbe favorito l’avvento di una società senza dislivelli sociali e sfruttamenti, ma egualitaria e solidale. Oggi sono gli scherani del capitalismo e dell’imperialismo occidentale e toglierli di mezzo non solo servirebbe a rendere attuabile il ricorrente mito della società dell’uguaglianza e della solidarietà, ma aiuterebbe a realizzare la pace in quella parte del mondo, il Medio Oriente, dove la loro presenza è un focolaio di guerra, morte e distruzione.

L’antisemitismo di destra non ha rispetto per gli ebrei morti, quello di sinistra non ha alcuna esitazione a portare avanti battaglie politiche dirette a promuovere la cancellazione di Israele dalla carta geografica del Medio Oriente. Sia il primo che il secondo sono l’espressione di un pensiero criminale. Con la differenza che mentre il primo è espressione di una demenzialità rivolta al passato, il secondo è tutto proiettato sul presente e punta sulla eliminazione di Israele, Paese dove vivono circa sei milioni di ebrei, e non suscita reazioni negative di sorta.

Ma perché battersi per un Olocausto di ebrei viventi dovrebbe essere meno condannabile della negazione di quello del passato?


di Arturo Diaconale