Di Maio sbaglia quando sogna il proporzionale

L’aspetto più singolare della decisione della Consulta di bocciare il referendum chiesto dalla Lega per cancellare ogni quota proporzionale alla legge elettorale e realizzare un maggioritario puro, è costituito dall’entusiasmo manifestato da Luigi Di Maio per la decisione della maggioranza di governo di puntare al ritorno al proporzionale corretto da uno sbarramento del cinque per cento.

Il capo politico del Movimento Cinque Stelle ha inneggiato alla decisione della Corte costituzionale come se l’archiviazione del maggioritario e la ripresa del proporzionale garantisse lunga e florida vita al proprio partito.

Può essere che la soddisfazione di Luigi Di Maio sia dipesa solo dal piacere per il dispetto fatto a Matteo Salvini. Ma se oltre a questo sentimento infantile il leader grillino nutre anche la convinzione che il proporzionale riesca a blindare l’M5S, c’è seriamente da dubitare sulle sue capacità politiche. Non solo perché nessun sistema elettorale è in grado di fornire garanzie a qualsivoglia partito. Ma soprattutto perché il movimento grillino, nel momento in cui la sua parabola vira verso il basso, ha tutto da perdere e nulla da guadagnare dal ritorno al sistema della Prima Repubblica.

Nella sua fase ascendente il Movimento non ha usufruito del meccanismo maggioritario presente nella attuale legge elettorale e, puntando solo su se stesso, ha esercitato una forte attrazione su una larga fetta trasversale dell’elettorato. Nella sua fase discendente rischia ora di perdere la capacità attrattiva e, senza la possibilità di stabili alleanze con i partiti oggi alleati nel governo ma domani tenaci concorrenti, pare votato a raccogliere una rappresentanza estremamente ridotta.

Chi sostiene che il voto del 26 gennaio in Emilia-Romagna possa fornire una indicazione precisa sulla reale consistenza numerica del movimento grillino compie sicuramente una forzatura. Da sempre l’M5S risulta sottodimensionato nella Amministrative rispetto alle elezioni politiche. Ma se questa è una forzatura, lo è anche quella che vorrebbe negare ogni valore al prossimo voto regionale. L’Emilia-Romagna indicherà la tendenza del consenso grillino. E se risulterà sotto il 10 per cento suonerà come una campana a morto per la speranza di Di Maio di salvarsi con il proporzionale. Un M5S nazionale poco sopra il 10 sarà condannato ad una opposizione da cui non verrà salvato da un Partito Democratico fermo al 20 per cento. Insieme non saranno mai più maggioranza. E dovranno guardarsi, nel perimetro della sinistra, da una Italia Viva sempre più decisa a caratterizzarsi come forza riformista rispetto al partito di Nicola Zingaretti e di Dario Franceschini.

Aggiornato il 20 gennaio 2020 alle ore 10:54