L’importanza del giudizio

Il deputato Nicola Fratoianni ha sottolineato compiaciuto l’approvazione di un suo emendamento nel decreto milleproroghe che toglie la visibilità dei test invalsi dal curriculum degli studenti.

Le prove Invalsi sono prove standardizzate a cui si sottopongono le scuole italiane per rilevare i livelli di apprendimento degli studenti, con il principale scopo di monitorare il sistema italiano di istruzione e confrontarlo con quello dei Paesi europei, e quindi di far comprendere alle scuole il livello di conoscenze e competenze che riescono a offrire nelle loro aule. Indirettamente, possono essere ritenuti utili dagli studenti stessi che vi si sottopongono, come ulteriore, aggiuntivo strumento di verifica del livello di conoscenze e competenze raggiunto.

L’emendamento Fratoianni ritarda di un anno (col fine, evidentemente, di prorogare ulteriormente il termine o di cancellare definitivamente la previsione) la creazione del “curriculum dello studente”, prevista dalla riforma della “buona scuola” per raggruppare tutte le competenze acquisite nel percorso scolastico. Inoltre, l’emendamento esclude dal curriculum i risultati Invalsi dell’ultimo anno (italiano, matematica, inglese) che rimangono quindi riservati. Il test, nonostante non fosse obbligatorio, l’anno scorso è stato fatto dal 96 per cento degli studenti.

Negli stessi giorni, in una scuola primaria emiliana è entrato in sperimentazione un sistema di autovalutazione dei bambini e delle famiglie attraverso emoticon. Un’iniziativa sperimentale di autovalutazione è, per l’appunto, un’iniziativa sperimentale e non va necessariamente caricata di significato. Ma tra la paura di offendere qualcuno (il sistema scolastico, prima che gli studenti), che ha generato l’emendamento sull’Invalsi e l’approccio da customer satisfaction dell’autovalutazione con faccine, non vorremmo che si perda il senso e il valore di esprimere giudizi.

Valutare è un processo ragionato e imperfetto al termine del quale si esprime un giudizio motivato e ponderato: è quel che fanno gli educatori e i professori, ogni giorno, nei confronti di bambini e ragazzi che hanno modo e tempo di conoscere e misurare. Valutare è anche mettere a confronto realtà simili per imparare reciprocamente.

Giudicando si sbaglia, e gli insegnanti, di qualsiasi grado, lo sanno bene, nel doversi sentire responsabili del giudizio dei loro studenti. La natura imperfetta e fallibile del giudicante e del giudizio sono a malapena celate dalla sua crescente burocratizzazione. Eppure un sistema migliore, per aiutare le persone ad apprendere, non è stato ancora inventato.

In questa nostra società della conoscenza e dell’informazione, come piace chiamarla, i giudizi non sono una medaglia da esibire o un’onta da nascondere. Sono uno dei modi in cui, prima di tutto, si auto-riconosce il grado di apprendimento acquisito e l’impegno dimostrato e con questo provare a costruire il proprio percorso, capire quali sono le proprie attitudini, mettersi in gioco. L’alternativa è un 18 politico, o l’emoticon equivalente. L’una cosa e l’altra non sono solo una dimostrazione d’ipocrisia. Forse rivelano inavvertitamente la convinzione profonda che la capacità d’insegnare e d’apprendere sia qualcosa sulla quale, oggi, è convenienza di tutti tacere.

Aggiornato il 19 febbraio 2020 alle ore 12:19