I 5 Stelle e la politica manettara (per gli altri)

È necessario, osservando il panorama del non fatto o fatto male (che è ancora peggio) da parte del Movimento 5 Stelle al governo, gettare un’occhiata sull’operato del ministro Alfonso Bonafede al quale, et pour cause, sono riservate, da qualche tempo, le critiche più appropriate da parte dei garantisti doc, e quindi non del Partito Democratico che, anzi, gli giura quotidianamente fedeltà.

Basterebbe, peraltro, un attimo di riflessione sul no al blocco della prescrizione per ravvederne un empito di giustizialismo in sintonia con le istanze più reazionarie operanti fra politici e media in base alla falsa teoria che la giustizia se ne gioverebbe, aggiungendovi, per di più, la legge denominata “Spazzacorrotti”, già contestata per la sua retroattività sanzionata seccamente dalla Consulta.

Sono convinzioni di un ministro della Giustizia più volte predicate in convegni e relativi spot allo scopo di esaltare l’unica proposta, la più concreta, avanzata fino ad ora dai grillini, ovvero le manette: per gli altri, beninteso. In dispregio di quello stato di diritto la cui difesa sarebbe la bandiera, il compito, la missione, il dovere di quel ministro che, con ogni probabilità, apprezza molto di più il drappo del “Vaffa”.

Dunque, manette ma non per se stessi giacché, vedi il caso della sindaca torinese Chiara Appendino, vale il sorvolamento, il passare ad altro, uno speciale silenzio rotto pur sempre dal grido “onestà, onestà!” che, proprio in base al giustizialismo programmatico, non pare così consono alla situazione della sindachessa raggiunta da ben tre avvisi di garanzia o, come dicono loro, di reato, fra cui quello di concorso in peculato. Il che, fosse capitato ad altri sindaci, l’invito alle manette sarebbe in men che meno auspicato e gridato contro; invece, nella fattispecie torinese, per dirla con un grande regista d’Oltralpe, il silenzio è d’oro. Ovviamente per noi garantisti sempre e comunque e verso chiunque, la speranza se non la certezza è che la Appendino ne esca al più presto innocente e che le sia evitato il gioco al massacro mediatico per un avviso di garanzia.

Ma è la non politica dei pentastellati che prevale, al di là delle prediche e dei sermoni che contraddistinguono un non operato surrogato, appunto, dalle omelie esortanti il giustizialismo erga omnes, salvo che per sé medesimi. Fra questi predicozzi spicca il tweet pentastellato per la giornata di martedì prossimo: “Se si spezza la fiducia nei confronti della politica e delle istituzioni nessuno rispetterà più le leggi e nessuno rispetterà più quello che dicono le istituzioni dello Stato”. Testuale.

Troppo facile parlare di facce di bronzo?

Non molto, poiché il M5S tuonava contro la politica a favore della non politica. Era contro l’Euro e ora è a favore dell’Euro; era contro il Mes ed ora è favore del Mes. Era contro Emmanuel Macron e ora è a favore di Macron. Era contro le alleanze temendone il contagio e ora è favore delle alleanze. Era contro il Partito Democratico e ora è alleato col Pd. Era contro Forza Italia e ora, in Europa, è alleato con FI. Ma non basta.

Era il movimento che su piazze, cantoni, spot e tv voleva, fortemente voleva, aprire il Parlamento come una scatola di tonno, e ora non soltanto lo presiede ma è “diventato il tonno che difende la scatoletta”.

Una politica questa? Un programma? No, uno spettacolo comico. Anzi, tragicomico.

Aggiornato il 21 febbraio 2020 alle ore 11:03