Se esistono ancora i moderati

Molte domande sorgono sempre più spesso a proposito della nostra politica. O, per meglio dire, dei nostri partiti. I quali, tra l’altro, o non ci sono più (do you remember “Mani Pulite”?) o sono parvenze degli scomparsi in nome e per conto della guerra atomica scatenatagli contro sotto l’insegna: “Chi non ha fatto politica è il politico migliore” (Massimo Cacciari).

È sempre l’ex sindaco di Venezia, oltre che filosofo e politologo, che su Italia Oggi ci intrattiene sull’argomento non poco affascinante, per chi segue i politici del nostro tempo, riguardante la loro situazione e il rispettivo senso di marcia seguendo l’operare dei loro movimenti, al Governo e all’opposizione.

Ma il tema cacciariano che desta più interesse e proprio nel solco delle considerazioni generali e particolari, riguarda la presenza e il ruolo dei cosiddetti moderati dei quali, secondo l’intervistato, si dovrebbe constatare la scomparsa anche e soprattutto sullo sfondo dell’assenza di leader degni in tutto e per tutto di questa qualifica.

Che i moderati, intesi come popolo e gente alieni sia da posizioni esplicitamente di sinistra come di destra e, dunque, rivolti a quel centro che è stato ed è il luogo storicamente scelto da chi privilegia la moderazione, siano in difficoltà, non vi è alcun dubbio. Ma che se ne decida l’assenza è francamente discutibile.

Un conto è infatti rilevare la difficoltà, da qualche anno, del cosiddetto ubi consitstam, del posto cioè dove volersi collocare e dare un conseguente consenso, un altro conto è sostenere che questo spazio sia svanito.

In realtà, è svanito o sta svanendo il movimento di Forza Italia che, dopo l’uragano di “Mani Pulite” aveva riempito il vuoto lasciato sia dalla Dc che dal Psi, Psdi e Pli, travolti dalla bufera e sostituiti, in quanto espressione proprio dei moderati, e dunque del centro, ovverossia della centralità del campo e della sua funzione in mancanza di cui non si sono mai potuti creare dei governi e il relativo esercizio del potere. Una parola, questa, che ai finti puritani e spacconi populisti d’oggigiorno desta scandalo, pur detenendolo e mettendolo in pratica, con annessi e connessi, da Palazzo Chigi, alla Rai ecc..

I moderati non sono perciò spariti e non spariranno sia perché gli spazi in politica non rimangono mai vuoti specialmente se indispensabili per l’esercizio governativo e consequenzialmente qualcuno li occuperà, sia perché le stesse odierne qualificazioni degli opposti schieramenti parlano di centrodestra e di centrosinistra laddove le due indicazioni politiche presuppongono una convergenza istituzionalizzata che definiremmo centrista, al di là delle ripicche e delle offese dei suoi rappresentanti e delle loro immancabili rivolte contro un termine, secondo i più, squalificante forse per via delle rimembranze dorotee, di un Mariano Rumor o di quel Giulio Andreotti col suo indimenticabile “Il potere logora chi non c’è l’ha”:

Del resto, gli esempi della convergenza sopraddetta sono riscontrabili e verificabili osservando la conquista della centralità da parte di Giorgia Meloni, i cui passi in tale direzione sono misurati sull’incedere opposto dell’alleato Matteo Salvini, la cui Lega non è storicamente “moderata” benché il buon Giancarlo Giorgetti si affanni tempestivamente a lenire e sopire gli slanci antieuropei di un Salvini che il giorno dopo s’affretta a confermarli.

Persino i pentastellati cercano di far dimenticare le urlate contro tutti i partiti, contro tutta la politica ovviamente altrui, contro la scatoletta di tonno da aprire, manifestando, a parole, propositi a loro volta ispirati alla moderazione. Ma scorrendo i sondaggi, i grillini discendono inesorabilmente nei consensi mentre la Meloni, al contrario, sale costantemente.

Il perché ha un nome: credibilità.

Aggiornato il 21 febbraio 2020 alle ore 16:32