Elogio delle differenze

È diventato quasi surreale il dibattito lanciato dal Corriere della Sera riguardante la necessità di preparare una nuova classe dirigente capace di essere all’altezza delle necessità sempre più grandi ed urgenti di un Paese complesso ed avanzato come il nostro. Chi interviene nelle discussione insiste giustamente sulla necessità di puntare sull’istruzione, che deve essere in grado di mettere le nuove generazioni in grado di condizionare in meglio il proprio futuro e quello dell’intera società italiana.

Ma, a parte Angelo Panebianco che chiede uno “scatto culturale, nessuno si allontana molto dalla indicazione di porre la questione istruzione al centro dell’agenda politica dei prossimi anni, anche e soprattutto, con investimenti adeguati magari ricavati da quelli che dovrebbero venire dall’Europa non più matrigna ma madre amorosa e preoccupata per l’avvenire dei propri figli.

L’aspetto surreale della discussione, però, è che in tutti gli interventi sembra mancare la consapevolezza che puntare ed investire sulla formazione significa ribaltare il modello culturale dell’egualitarismo divenuto dominante nella nostra società e puntare sull’esatto contrario, cioè sulla diversità che nasce dal merito e dalla competenza.

Su questo terreno non basta lo scatto invocato da Panebianco. È indispensabile una vera e propria rivoluzione culturale destinata a cancellare il punto centrale della cultura catto-grillista fondata sulla convinzione che l’uno vale uno e sulla pretesa di dare vita ad una società in cui non esistano disuguaglianze, ma tutto sia uniformato all’insegna del pauperismo assistenzialista egualitario.

Ma è possibile realizzare una rivoluzione del genere quando le forze politiche dominanti al Governo perseguono obiettivi esattamente opposti formati dalla fusione di utopie antiche e più recenti scartate comunque dalla storia?

L’impresa sembra disperata, ma va comunque tentata. Non per accentuare le differenze ingiuste, ma per valorizzare quelle indispensabili che nascono dal merito e dalle competenze. L’alternativa è restare nel presente, a sperare di cavarsela con i soldi europei dati a pioggia a chi non sa e vuole continuare a non sapere!

 

 

 

 

Aggiornato il 01 giugno 2020 alle ore 09:44