La riscoperta dell’ovvio

In ciò che sto per scrivere metterò insieme varie considerazioni suggeritemi dalle decisioni europee e dall’andazzo italiano. Le voglio proprio assemblare alla rinfusa perché, sebbene disparate, sono pure talora divertenti, talaltra deprimenti, ma sempre emblematiche.

I Paesi del Nord Europa contrari a largheggiare in prestiti, contributi, indebitamenti, regalie sono stati sprezzati come frugali e tirchi. Ma la frugalità, una virtù, e la tirchieria, un vizio, stanno assieme con difficoltà, forzando la logica. Adesso i parsimoniosi e gli spilorci starebbero battendo in ritirata. Avanzerebbero, invece, i paladini della solidarietà e della condivisione. Evviva!

Quelli che accusavano l’Ue di volerci dare i soldi però tenendoci per il collo, ora sono scontenti innanzitutto perché sarebbero comunque pochi i miliardi e poi perché ce li darebbero a condizioni, battezzate, chissà perché, condizionalità: forse fa più fino. Dall’origine del processo di civilizzazione, chi presta soldi vuol conoscere a ragione a chi li presta. Adesso sarebbe civile chi li pretende esonerandosi dal darne spiegazioni. Stando alle notizie da Bruxelles, peraltro confuse, la decisione di fronteggiare con 750 miliardi le conseguenze della pandemia è ancora sub judice. Diverrà operativa con l’unanimità del Consiglio europeo, i cui membri tuttavia, non solo gli spilorci, hanno messo già le mani avanti, dicendo, per ora a mezza bocca: “Sì, aiuteremo i bisognosi. Però un’occhiata su come spenderanno la montagna di euro, parte regalati, parte imprestati, abbiamo diritto di darla”.

E qui la splendente svolta storica comincia a somigliare ad una spenta curva pericolosa. Alcuni dei più qualificati in materia hanno avvertito che l’Ue ci chiederà qualche contropartita, non quelle “cattive” paventate dagli antieuropei, ma quelle “buone”, desiderate a parole da euroscettici ed euroentusiasti: soprattutto “buone” per noi, nel duplice senso di attestazione della buona volontà di abbandonare i vizi passati e di specificazione dei fattori per il miglioramento reale, politico ed economico, della nazione.

Insomma, l’Ue fa l’estremo tentativo di accordare agl’Italiani una tangibilissima fiducia per consentir loro di salvare se stessi e, forse, l’Europa futura come gli eurocrati la fanno intravedere alle nuove generazioni. Considerate con attenzione cosa chiede seriamente l’Ue: la giustizia civile rapida, efficace, certa; la Pubblica amministrazione efficiente e funzionante; gl’investimenti pubblici produttivi anziché dissipativi.

L’Ue, chiedendo all’Italia l’ovvio, non si aspetta certo l’impossibile. Per noi Italiani è assolutamente ovvio che la giustizia debba essere riformata. Tuttavia è ovvio da così tanto tempo che ormai lo consideriamo impossibile. La riforma della Pubblica amministrazione costituisce il fulcro della politica dell’acqua calda contro la burocrazia, come dimostra lo stantio ministero per riformare i ministeri che, a parte il mutevole nome proprio, è unico al mondo. Detto altrimenti, un’eccellenza italiana. Gl’investimenti pubblici sono il nostro fiore all’occhiello, profumato e bello: preservano dalla ruggine gli aerei a terra; fanno crollare i ponti, straripare i fiumi, affossare le strade; costruiscono opere inutili talvolta lasciandole incompiute; consentono agli edifici scolastici di deperire tra calcinacci e muffe; mantengono i carcerati come polli nelle stie.

Pare davvero arduo mettere in dubbio che si tratti di riscoperta dell’ovvio. Lo attesta Adam Smith fin dal 1776: “Commercio e manifatture possono raramente fiorire a lungo in uno Stato che non goda di una regolare amministrazione della giustizia, in cui la popolazione non si senta sicura nel possesso della sua proprietà, in cui il rispetto dei contratti non sia tutelato dalla legge e in cui si ritenga che l’autorità dello Stato non sia regolarmente usata per costringere al pagamento dei debiti tutti coloro che possono farlo. In breve, commercio e manifatture possono raramente prosperare in uno Stato in cui non vi sia un certo grado di fiducia nella giustizia del governo” (“La ricchezza delle nazioni”, Utet, 1975, pag.1098).

Ciò nondimeno, dobbiamo essere felici ed ottimisti. La promessa dei soldi è seria; credibile, la somma; sincera, la fiducia. Adesso tocca agl’Italiani. La speranza dei patrioti è che i governanti tornino a guardare oltre l’orizzonte elettorale. Perseguire la prosperità nella libertà anziché soddisfare l’effimero pigolio dei postulanti è l’unico modo d’impiegare al meglio i soldi europei per gl’interessi duraturi della nazione.

Aggiornato il 29 maggio 2020 alle ore 10:08