Il Quirinale discreditato ed il Premierato di fatto

Come mantenere in piedi un Governo che a causa delle frizioni interne rischia di cadere prima della ripresa di settembre? Una delle trovate dell’ultimo momento sembra essere la costruzione artificiosa di una sorta di semestre bianco anticipato ipotizzando che il Presidente della Repubblica sarebbe intenzionato addirittura a seguire l’esempio di Celestino V e Benedetto XVI, dimettendosi con largo anticipo prima della scadenza del proprio mandato per costringere il Parlamento ad eleggere un successore (che nulla impedisce possa essere lui stesso) e trovare una maggioranza finalizzata a tenere in piedi l’attuale coalizione e scantonare così il ricorso alle elezioni anticipate.

Dal Quirinale, ovviamente, giungono smentite di un possibile interessamento del Capo dello Stato ad un disegno così contorto. Ed è un bene che il Presidente della Repubblica faccia sapere di non essere disponibile a mettere la propria faccia ed il proprio prestigio su un progetto “politicante” di così basso cabotaggio che rischia di gettare ombre malevole su di lui ed infangare la sua figura.

Tra le conseguenze negative di queste voci diffuse ad arte per far sapere che comunque Sergio Mattarella non accetterà mai una crisi destinata a provocare le elezioni politiche generali, tuttavia, c’è qualcosa di più del semplice discredito che in questo modo si abbatte come un macigno sul Quirinale. Perché, se ha ragione Sabino Cassese nella sua disamina del provvedimento sulla semplificazione in via di emanazione da parte del Governo, al discredito del Quirinale si affiancherà ben presto un ciclopico potenziamento dei compiti e delle funzioni della Presidenza del Consiglio. Una tale mole di attribuzioni da lasciar legittimamente ipotizzare che, dopo i mesi di pieni ed assoluti poteri di cui l’Esecutivo ha goduto sul Paese nei mesi del coronavirus, qualche bello spirito di Palazzo Chigi stia accarezzando concretamente il progetto di introdurre una serie di normative atte a realizzare surrettiziamente quel Premierato, cioè il massimo potenziamento dell’Esecutivo, che la Costituzione non prevede anche grazie al bilanciamento dei poteri legato al ruolo della Presidenza delle Repubblica.

Alle trasformazioni materiali della Carta Costituzionale siamo ormai abituati da tempo. Ma questa abitudine, che ci ha portato a considerare normale il presidenzialismo di fatto di Oscar Luigi Scalfaro e di Giorgio Napolitano, non può in alcun caso permettere di accettare passivamente la nascita di un premierato di fatto che serve esclusivamente a blindare Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, a tenere in piedi una coalizione in perenne stato di dissoluzione annullando il pieno diritto dei cittadini di contribuire alla politica nazionale attraverso le libere e democratiche elezioni politiche generali.

Per il Premierato, dunque, serve una apposita riforma costituzionale. Senza di essa e con una crisi non c’è alternativa al voto se non quella dell’ennesimo golpe più o meno legale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aggiornato il 08 luglio 2020 alle ore 09:49