Contro il Var ricorso al Tar

Pure il calcio post lockdown si è burocratizzato. Sempre di più è il Var a decidere. E l’arbitro sta al Var come il pm e il giudice – non separato in carriera da quest’ultimo – stanno alla giustizia: sacerdoti, più che neutrali interpreti. Presto quindi ci sarà chi chiederà il ricorso al Tar contro le decisioni dell’arbitro al Var. E poi ci sarà di conseguenza il contro ricorso al Consiglio di Stato e poi in Cassazione. E perché no magari anche davanti alla Cedu in Europa. I risultati delle partite potrebbero continuamente cambiare e i risultato finali – nonché le classifiche dei campionati –potrebbero essere decisi dopo anni, seguendo i tempi della giustizia italiana. Un incubo non da film, ma possibilissimo nella attuale realtà italiana.

L’ossessione legalitaria, le regole come unico fine che giustifica ogni mezzo e l’applicazione burocratica di ogni tipo di giustizia come unica religione possono fare miracoli. Ma tutti negativi. Se siamo condannati da una sentenza a tenerci un’etichetta – come è capitato a centinaia di migliaia di italiani e anche a Silvio Berlusconi o Marcello Dell’Utri – e questo a prescindere dalla logica stessa di queste sentenze, o della prepotenza istituzionale di chi le ha eventualmente decise, e se ci sarà sempre una tifoseria politica per la squadra del partito delle procure pronta a difendere lo stato di fatto di una sentenza passata in giudicata, a prescindere di come ci sia passata, vedrete che anche il ricorso al Tar contro il giudizio del Var sarà quella che a Roma si chiama “la morte sua”.

Una vita alterata dalla pan giurisdizione è d’altronde già una realtà consolidata. Non siamo più proprietari della nostra vita e della nostra identità umana e culturale. Noi siamo quello che altri decidono e giudicano. Magari a seconda di ciò che diciamo al telefono o in una conversazione ambientale captata. Anche se il tono è scherzoso, ogni nostro pensiero, ogni nostro sfogo, si ritorcerà contro di noi. Una volta trascritto su carta tutto il male possibile sarà sospettabile. È il concetto orwelliano applicato dalla Germania Est, così come descritta nel film Le vite degli altri.

Aggiornato il 09 luglio 2020 alle ore 11:17