Tempo di grandi manovre: in tre lasciano Forza Italia

La superficialità che dimostrano gli organi d’informazione nel fare il proprio lavoro ha raggiunto livelli insopportabili. Viene da chiedersi per quale astrusa ragione i cittadini dovrebbero continuare a comprare i giornali per leggervi puntualmente cumuli di sciocchezze, o seguire dibattiti televisivi infarciti di fake news. Ieri abbiamo appreso dai media che tre senatori hanno lasciato il gruppo parlamentare di Forza Italia per andare nel “Misto”. Fin qui verità. Poi la chiosa, fasulla, per spiegare i motivi della fuoriuscita: si preparerebbero a diventare “responsabili” correndo in soccorso della maggioranza demo-penta-renziana, in deficit di voti al Senato. Domanda: ma li avete visti in faccia i presunti transfughi? Conoscete le loro storie personali e i loro percorsi politici? E se li conoscete, vi sembra possibile che siano disponibili a un salto della quaglia a sinistra, per atterrare tra le braccia di “piddini” e grillini? Ragazzi, è di Gaetano Quagliariello, Massimo Vittorio Berutti e Paolo Romani che stiamo parlando. Non si tratta di peones a caccia di uno strapuntino al sole. Quagliariello da qualche anno guida una micro-formazione di sua creazione: “Idea”, per cui tecnicamente non può essere considerato un forzista in fuga.

La sua ambizione, a lungo coltivata, è di impersonare il profilo di un liberal–conservatore. Cosa, per il passato, non facile all’interno del perimetro di un centrodestra fortemente egemonizzato dal partito omnibus berlusconiano. Posto che la politica ci abbia abituato alle situazioni più bizzarre, torna complicato immaginare il senatore Quagliariello associarsi a coloro a cui il 9 febbraio 2009 gridò in faccia: “Eluana non è morta, Eluana è stata ammazzata”. Il riferimento è al drammatico caso di Eluana Englaro, la ragazza che per anni era in coma vegetativo. Vi fu una violenta battaglia a sfondo etico in Parlamento tra la destra e la sinistra sul diritto del genitore a praticarle un’eutanasia camuffata. Quando piombò in Senato la notizia della morte per interruzione della nutrizione artificiale di Eluana Englaro, il senatore Quagliariello diede in escandescenze accusando la sinistra di aver ostacolato l’adozione di una norma che inibisse al padre di Eluana il potere di staccarle la spina. Poi c’è Paolo Romani, da sempre vicino a Berlusconi. Ma non negli ultimi due anni, da quando il leader di Forza Italia aveva ceduto alle pressioni leghiste perché ne ritirasse la candidatura a presidente del Senato. In quella circostanza erano stati i grillini, freschi trionfatori della tornata elettorale, a pretendere che, per chiudere l’accordo col centrodestra sulla nomina dei presidenti delle Camere, Romani venisse cassato a causa di un fedina penale macchiata da un irrilevante precedente giudiziario. Il senatore, esperto in telecomunicazioni, quell’oltraggio personale non può averlo dimenticato. Neanche immaginiamo quante nottate insonni abbia trascorso a ripensare all’attimo in cui la sua carriera politica, giunta all’apice, si è infranta sugli scogli affioranti di una pretestuosa campagna diffamatoria.

Ora, il solo figurarsi la scena di un Paolo Romani che, incrociando Paola Taverna, la pasionaria di Torre Maura o il diafano Vito Crimi, dica: “Eccomi, sono qui per aiutarvi a restare sulla cresta dell’onda per altri tre anni anche se continuate a dire di me che sono il peggio della Seconda Repubblica”, è fantascienza. Perdonateci, ma a questo teatrino proprio non riusciamo a credere. Inoltre, anche Romani in questi due anni non è stato fermo a contemplare il panorama politico. Da qualche tempo è entrato in sintonia con un altro pezzo da novanta della diaspora forzista: il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti. Il nome di Paolo Romani, insieme a quello di Massimo Vittorio Berruti, compare alla presentazione della formazione costituita da Toti “Cambiamo!”, fatta ai media il 21 settembre 2019, subito dopo la firma a Palazzo Grassi a Roma dell’atto costitutivo del partito. Il governatore ligure è nel pieno della campagna elettorale per il rinnovo della presidenza e del Consiglio regionali. I sondaggi dicono che naviga a gonfie vele. Se ciò accade dipende, oltre che dalle sue indiscusse doti di amministratore pubblico, dalla spinta elettorale che la Lega gli assicura.

Ora, saranno pure mezzi matti questi politici, ma perché mai una micro-formazione che è percepita dall’opinione pubblica come organica alla leadership salviniana dovrebbe inscenare un tradimento parlamentare per fare un piacere a Giuseppe Conte, ai grillini e ai “dem”? E poi, a meno di 60 giorni dall’apertura dei seggi? A voler guardare con un minimo di profondità alla mossa tattica che ha dato vita al nuovo raggruppamento “Idea-Cambiamo!” viene di pensare alla volontà di occupare uno spazio all’interno della destra plurale lasciato scoperto da Forza Italia, la quale sta pericolosamente avvitandosi in una fallimentare spirale neo-centrista; non coperto dalla Lega, alle prese con le difficoltà di declinazione dell’ideale nazionalista con la storia indipendentista e liberista della vecchia Lega radicata nei territori del Nord del Paese. E neppure coperta dal fenomeno crescente di Fratelli d’Italia, concentrato sul progetto di ricostituzione della constituency che è stata di Alleanza nazionale prima del fragoroso crollo del suo leader.

Esiste, nella previsione dei tre senatori, un’area liberal-conservatrice non adeguatamente rappresentata nella coalizione che, tuttavia, potrebbe articolare un’offerta politica nelle corde di quel segmento del ceto medio produttivo, non anti-europeista per principio, pesantemente penalizzato dalle politiche assistenzialiste messe in piedi dal Conte bis. Nessuna trama occulta, tutto alla luce del sole. D’altro canto, se le parole hanno ancora un senso, basta leggere le motivazioni dell’uscita dal gruppo parlamentare di Forza Italia. I tre dichiarano che saranno: “senza se e senza ma all’opposizione di questo governo”. Perché non credergli? Piuttosto, sarà interessante osservare i primi passi che il gruppo neo-costituito compirà per reclutare nuove energie. Presumibilmente, il primo terreno di reclutamento sarà proprio il Gruppo Misto parlamentare, non più egemonizzato dalla sinistra. Il “Misto” è il luogo d’elezione dei deputati e dei senatori che, avendo smarrito la bussola dell’orientamento politico, cercano una collocazione che dia senso compiuto alla loro stagione parlamentare.

E, magari, anche qualche chance di riconferma per il futuro. Nondimeno, dovranno uscire dal Palazzo se ambiscono a rendere effettiva la rappresentanza della volontà elettorale. In proposito, ci domandiamo se verranno avviate tattiche di corteggiamento verso il Think tank che gravita intorno all’agguerrito gruppo del giornale Atlantico, ispirato da Daniele Capezzone, conservatore a ventiquattro carati. E chissà che i tre non si facciano una chiacchierata con Francesco Giubilei, giovane, poliedrico intellettuale di destra, per vocazione agiografo dei massimi pensatori del conservatorismo europeo e d’Oltreoceano. I tre, benché mantengano esteticamente un aspetto giovanilistico, all’anagrafe non sono proprio di primo pelo. Una svecchiata degli organici nella organizzazione del nuovo partito, con una salutare immissione di energie giovani, potrebbe portare fortuna all’impresa. Anche nelle urne.

Aggiornato il 27 luglio 2020 alle ore 10:05