Ma il comunismo era peggio del fascismo

Nel cosiddetto centro democratico della tarda Prima Repubblica, convivevano due posizioni riguardo all’atteggiamento da assumere verso le estreme, c’era chi combatteva gli “opposti estremismi” dei comunisti e dei neofascisti ponendoli sullo stesso piano e c’era chi, ricordando la Resistenza e la disposizione transitoria della Costituzione, riteneva che, pur praticando una blanda opposizione al comunismo, il fascismo fosse da considerare peggiore e da escludere in ogni caso. In verità c’erano pure tantissimi (anzi la maggioranza) soprattutto nella Democrazia cristiana e nel Partito liberale italiano, che pensavano al contrario che il comunismo fosse molto peggio e inoltre che la presenza e la forza del comunismo fossero ben più pericolose di un fascismo ormai morto o residuale, ma, con le eccezioni della chiara chiamata a raccolta di tutti gli anticomunisti nell’aprile del ’48 e poi dei governi Segni e Tambroni, di solito non lo affermavano pubblicamente, magari ricercando di nascosto l’appoggio parlamentare del Movimento sociale italiano (considerato, almeno in parte, l’erede del fascismo), ma senza però riconoscerlo ufficialmente. E oggi, che l’incapacità delle forze politiche avverse di riconoscersi e legittimarsi reciprocamente le spinge a radunare tutte le forze comunque disponibili, la questione sembra riproporsi e al tradizionale “pas d’ennemis à gauche” corrisponde ormai un “niente nemici a destra”.

Ora la politica contingente o semplicemente pratica ha i suoi tempi e le sue convenienze, ma, se la accantoniamo per una visione più ampia e strategica, in termini storici e di analisi comparativa quale delle due dittature fu più sanguinosa e totalitaria ? La risposta è, e non può essere altro, che una sola: la peggiore fu il comunismo. Vediamo.

Anzitutto sul piano storico il costo umano del comunismo, anche in tempo di pace, è stato infinitamente più alto di quello del fascismo, in ragione di milioni in confronto a migliaia di vittime. Noi oggi possiamo celebrare i martiri dell’antifascismo (come Matteotti, Gobetti, i fratelli Rosselli) perché pur se furono tanti e comunque sempre troppi, restano delle individualità, di cui possiamo conoscere e onorare il nome, mentre le vittime del comunismo furono un’enorme montagna di vittime anonime schiacciate da una impazzita macchina del terrore. In Italia non vi fu mai nulla di paragonabile all’universo concentrazionario sovietico, alla capillarità della presenza poliziesca, alla pratica di massa della delazione, ai lavori forzati in Siberia o alle fucilazioni collettive. Vi fu il confino di polizia, le pratiche manesche degli squadristi, l’indottrinamento forzato, ma niente di paragonabile agli stermini di massa sovietici ed al loro organizzato e finalizzato terrore, si da farci ricordare che le differenze di quantità, superata una certa soglia, diventano anche differenze di qualità.

Inoltre il fascismo, particolare non secondario, nacque come reazione indotta alla violenza di derivazione bolscevica del primo dopoguerra, con l’occupazione delle fabbriche, con le violenze agli ex combattenti, con l’assalto alle proprietà pubbliche e private. Così è stato e non poteva essere che così, se si riflette sulle differenze ideologiche tra i due movimenti, perché, pur se entrambi volevano la fine dello Stato liberale e l’avvento di uno Stato etico (lo Stato come supremo inveramento della libertà, diceva quel gran mascalzone corruttore di Hegel, con la sua “lubricamente scintillante” filosofia, come la definì Schopenhauer) tuttavia il fascismo non volle mai annullare proprietà e iniziativa privata, né comprimere gli spazi strettamente personali, mentre il comunismo sì, sicché la sua “necessità”, teorica e pratica, di usare la violenza fu molto maggiore.

Anche l’assetto statale fu assai differente, lo Stato fascista, oltre ad avere alcuni contrappesi nella monarchia e nella Chiesa, lasciò relativamente libero l’individuo nella sua sfera di relazioni private, sì da configurarsi (nonostante i suoi stessi proclami) più come uno Stato politicamente autoritario che totalitario, mentre con il comunismo il totalitarismo divenne davvero una cupa e drammatica realtà. E non tragga in inganno la dichiarata volontà di progresso e di palingenesi sociale, tutte le forze politiche, tutte le ideologie, tutte le religioni, hanno sempre dichiarato di volere il bene del popolo. Anche quando lo schiacciano. Solo il nazional-socialismo tedesco arrivò ai livelli di totalitarismo del comunismo, con la reale finalizzazione di tutto e tutti allo Stato, la creazione di un esteso sistema di lager, la pratica quotidiana, sistematica e organizzata della violenza, se pur in maniera diversa e asimmetrica, privilegiando i tedeschi “ariani” rispetto a tutti gli altri, considerati inferiori, quando non proprio subumani (untermenschen).

Certo, il fascismo si alleò con la Germania e ne importò cinicamente alcuni orrori come le leggi razziali del ’38, nonostante fossero estranee e poco compatibili con la sua storia (a parte i tanti fascisti ebrei, nei Colloqui con Mussolini di Emil Ludwig, 1932 – Hoepli – il duce condannava il razzismo senza mezzi termini, affermando tra l’altro che “l’orgoglio nazionale non ha bisogno di deliri di razza, l’antisemitismo non esiste in Italia. Gli ebrei italiani si sono sempre comportati bene come cittadini e come soldati si sono battuti coraggiosamente” e, ancora nel ’34, alla Fiera del Levante, diceva sul razzismo tedesco: “Noi possiamo guardare con un sovrano disprezzo talune dottrine d’Oltralpe: di gente che ignorava la scrittura, colla quale tramandare i documenti della propria vita, in un tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio ed Augusto”) però lo fece e questo getta indubbiamente un’ombra su tutto il Ventennio, ma non ne modifica completamente il profilo, così come le democrazie occidentali restarono ben altro dal comunismo staliniano, pur se sue compiacenti alleate in uno scontro tra potenze che finì in una guerra totale. Anche la guerra mondiale non fu affatto voluta e determinata dal fascismo (l’Italia entrò infatti nel conflitto con tante esitazioni e molto dopo del suo inizio) ma anzitutto dalla Germania nazista e dalla Russia comunista, che insieme (insieme) invasero la Polonia dopo il Patto Ribbentrop-Molotov (la Russia vi aggiunse di suo anche l’aggressione alla Finlandia).

Ad onta della stessa propaganda repubblichina, il nazismo e il fascismo restano due fenomeni molto differenti, come il socialismo – anche quello massimalista – rimane diverso dal comunismo. Resta, in Italia, il problema della disposizione transitoria della Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista e delle leggi a lei collegate. Su di un piano generale, per un liberale, il problema non si pone neppure, mentre si possono vietare tutte le incitazioni alla violenza sopraffattrice qualunque ne sia la motivazione, nessuna manifestazione del pensiero, ideologica, politica o religiosa, può esserlo di per sé (et de hoc satis) ma, a ben guardare, il problema non si pone neanche a livello costituzionale, perché ben consci che la disposizione antifascista cozzava e contraddiceva con tutte le altre regole e i principi della Costituzione stessa, i costituenti definirono solo transitoria tale norma, insomma da considerare solo per il periodo di transizione alla democrazia realizzata.

Ora, anche a voler considerare il “passato che non passa” di Nolte, dopo quasi ottant’anni tale disposizione non si può considerare altro che decaduta, che si voglia o no dichiararlo formalmente, pena un grave vulnus alla nostra democrazia. Resta che alcune forze vogliono mantenerla forzosamente in vita, ma forte è il sospetto che un antifascismo artificioso sia solo un modo per veicolare di nuovo un comunismo vergognoso di dichiararsi tale, perché condannato dalla sua drammatica storia. Non c’è in queste note nessuna tentazione, palese o recondita, di rivalutazione del fascismo, ma solo la chiara e netta riaffermazione che il comunismo fu realmente peggio. Ieri come oggi. E, anche se per fortuna molta acqua è passata sotto i ponti e certe ostinate parentele ideologiche si sono molto scolorite, i liberal-democratici devono anzitutto realizzare che anche oggi, pur su di un piano diverso, i maggiori pericoli per la democrazia e la libertà, vengono da sinistra, che si chiamino “politically correct”, globalismo, lockdown, via della Seta, o unità antifascista.

Aggiornato il 28 luglio 2020 alle ore 11:29