Musumeci ha ragione, i preti no

Nella vicenda che contrappone il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci al governo nazionale in relazione all’ordinanza con cui egli, per ragioni sanitarie, ha disposto lo svuotamento di alcuni centri di raccolta di migranti dislocati nell’isola, ci cono alcuni aspetti che vanno chiariti.

Primo. Il provvedimento di Musumeci non ha per nulla esorbitato dalle competenze del suo ruolo, che appunto sono soltanto quelle in tema di emergenze sanitarie. Nondimeno, il Tar di Palermo, adito dal governo, ha sospeso in via cautelare tale provvedimento, assumendo che stabilire il trasferimento di migranti, anche in altre regioni, significa arrogarsi competenze altrui, nella specie quelle proprie del ministro dell’Interno.

Questo ragionamento non regge. Infatti, ogni provvedimento giuridico implica effetti secondari che per forza di cose vanno ad incidere su sfere di competenza di altri organi. Il fatto è che per il diritto non esistono cose del mondo che siano in se stesse oggetti di competenza di questo o di quell’organo in modo univoco.

Invece, bisogna riconoscere come le medesime cose, se viste in una certa ottica, rientrano nella competenza di un organo; se viste in ottica diversa, rientrano invece in quella di un altro organo.

Per esempio, la scuola che normalmente rientra nella competenza del ministro della Pubblica istruzione, nel caso in cui un terrorista si fosse asserragliato dentro un edificio scolastico prendendo dei bambini in ostaggio, rientrerebbe subito nella competenza del Questore e del ministro dell’Interno.

Allo stesso modo, se il presidente della Regione fa sgombrare i migranti per ragioni strettamente sanitarie, questi, che di solito ricadono nella competenza del ministro dell’Interno, vanno invece a ricadere in quella del presidente, quale organo a cui la legge affida i provvedimenti sanitari d’urgenza, e del ministro della Salute.

Secondo aspetto. Stupisce non poco che alcuni sacerdoti e alcuni Vescovi abbiano duramente criticato il provvedimento di Musumeci, fino al punto da invitare i fedeli, nel caso ne avessero condiviso il contenuto e le finalità, a non recarsi a Messa, in quanto colpevoli della medesima colpa degli evangelici “sepolcri imbiancati”, che dicono e predicano il bene, ma praticano ed operano il male.

Ebbene, innanzitutto mi sorprende che alcuni chierici, ritenendoli peccatori, invitino i fedeli a disertare la Messa. Ma non era forse Cristo venuto proprio per i peccatori? O, metaforicamente, come si esprimono i Vangeli, per i malati e non per i sani?

Sicché, secondo questi uomini di Chiesa, coloro che condividano l’azione politica di Musumeci non sarebbero degni di partecipare alla Santa Messa.

Ora, anche a voler prescindere dall’indebita invasione della sfera strettamente politica, in tal modo operata dal sentire religioso – cosa certo possibile e perfino a volte doverosa in casi gravissimi, per esempio nel caso delle leggi razziali – va stigmatizzato come questi uomini di Chiesa abbiano perduto per strada un elemento specificamente cristiano, presente in modo chiaro nei testi evangelici: il principio di realtà.

A titolo d’esempio, quando alcuni di coloro che lo seguivano chiedono a Gesù un giudizio su di una intricata questione ereditaria, Egli risponde in modo chiarissimo con una domanda che li invita perentoriamente a fare i conti con la realtà, senza sotterfugi di carattere fideistico: “Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?”.

Sulla scia di questo insegnamento evangelico, San Giovanni Bosco, l’Apostolo dei giovani, era costantemente alla ricerca di luoghi adeguati ove alloggiare i suoi ragazzi, non contentandosi di accoglierli sotto il cielo oppure sotto una semplice tettoia: il Santo teneva debitamente conto del clima rigido degli inverni torinesi, del numero crescente di ragazzi che presto furono centinaia, della inadeguatezza dei primi luoghi di accoglienza. Attento a non dimenticare la realtà, egli pregava certamente – preferibilmente di notte, perché di giorno badava ai suoi ragazzi – ma evitava di perdersi fra aspirazioni fideistiche ed attese messianiche, perché si faceva guidare dalla realtà, sapendo che in ogni caso doveva fare concretamente il meglio per garantire una assistenza reale ai giovani.

Ecco perché questi sacerdoti e questi Vescovi sembrano non comprendere cosa ha in realtà fatto Musumeci: cercare di eliminare i lazzaretti, come quello di Lampedusa, che, pensato e strutturato per cento migranti, ne conteneva circa mille.

Se lo capissero, in base al principio cristiano di realtà, sarebbero loro i primi a chiedere in modo radicale al governo di trasferire altrove, in luoghi decorosi, questi poveracci ammassati come le bestie ed esposti loro per primi al rischio epidemico. E invece se la prendono con Musumeci. Aspettiamo dunque e preghiamo perché sappiano aprire gli occhi davanti alla realtà. Per farlo non occorre compulsare ponderosi trattati di teologia morale. Basta leggere una biografia di San Giovanni Bosco. Fra le molte in commercio, consiglio quella di Giovan Battista Lemoyne, forse la più affidabile.

Aggiornato il 02 settembre 2020 alle ore 10:27