Nuove sanzioni alla Russia? L’Italia trema

Lo diciamo senza giri di parole: il can-can che sta montando sul presunto avvelenamento del dissidente russo Alexander Navalny e l’assedio dei media europei al presidente della Bielorussia, Aleksandr  Lukašenko, accusato di essere l’ultimo dittatore d’Europa e un burattino al servizio di Mosca, puzzano di bruciato. Le cancellerie di Berlino, Parigi e Londra hanno emesso sentenza di condanna preventiva di Vladimir Putin ritenendolo il mandante della repressione delle libertà politiche, senza che siano state acquisite concrete prove di colpevolezza a suo carico. In particolare la signora Angela Merkel sta soffiando sul fuoco perché l’Unione europea prenda severi provvedimenti contro la Federazione Russa. Il che, tradotto, significa un nuovo gire di vite sulle sanzioni economiche attraverso le quali provare a mettere in difficoltà il vertice moscovita.

L’iniziativa deve preoccuparci, e non poco. Come il nostro sistema produttivo ha sperimentato sulla propria pelle, ogni qualvolta a Bruxelles sia stata decisa un’azione di forza contro la Russia si è provocato un danno agli interessi economici italiani. Già, perché la storia delle sanzioni ricorda la barzelletta sul cuneo fiscale. La maestra a Pierino: cosa significa cuneo fiscale? E Pierino: che le tasse si pagano solo a Cuneo. Le sanzioni alla Russia potrebbero essere raccontate allo stesso modo: sono quelle cose che fregano solo le imprese italiane. Insomma, un “armiamoci e partite”, ordinato dalla Commander-in-Chief dell’Ue Angela Merkel, obbligatorio per le produzioni italiane ma non per i traffici germanici con la Russia, che puntualmente marcano visita.

Dal 2014, anno di entrata in vigore delle prime sanzioni, che hanno determinato le contro-sanzioni di Mosca dirette a penalizzare prevalentemente il comparto agroalimentare italiano, solo di recente i rapporti commerciali italo-russi sono leggermente migliorati segnando un minimo cenno di ripresa. Nel 2019 l’export italiano verso la Russia è stato quantificato in 7.917,78 mln. €, contro i 7.595,84 mln. € del 2018 (Fonte: Info Mercati Esteri). Il crollo dell’export dei prodotti dell’agricoltura è stato in parte compensato dalla tenuta della vendita di macchinari e apparecchiature. Sostanzialmente ferme le altre categorie merceologiche. Sul fronte dell’import i volumi del 2019 sono nettamente calati rispetto a quelli dell’anno precedente. Trend negativo che si conferma anche nel periodo gennaio-maggio di quest’anno dove fa aggio l’incidenza della pandemia. Il quadro dell’interscambio non è certo confortante. Se arrivasse una decisione dall’Europa di nuove sanzioni, per la nostra economia sarebbe la mazzata definitiva che, in tempi di recessione da Coronavirus, non sappiamo quanto possa essere assorbita. Ciononostante, ce ne faremmo una ragione se avessimo la certezza che tali provvedimenti servissero realmente una giusta causa ideale. E, soprattutto, se avessimo la rassicurazione che l’Unione europea reagisse come un sol uomo. Invece, l’unica certezza che abbiamo è la prepotente arroganza germanica che costringe altri a fare cose che essa non fa. Quando si combatte una battaglia per i supremi valori della libertà e della democrazia si dovrebbe cominciare col dare il buon esempio. Si vuole colpire Mosca perché la si ritiene il nemico numero 1 dell’Occidente? Posto che ciò sia vero, cosa di cui dubitiamo fortemente, allora sia la Germania a fare il primo passo: sospenda la costruzione, giunta alle fasi finali, del “North Stream 2” che porterà il gas dalla Russia direttamente in casa tedesca, facendo risparmiare alle imprese e alle famiglie di quel Paese una montagna di soldi sul capitolo di spesa “Acquisto materie prime energetiche”.

Peccato, però, che a Berlino di fare il beau geste di chiudere il rubinetto del gas dalla Russia non ci pensino proprio. È già successo nel 2014, al tempo delle prime sanzioni, che mentre l’Unione europea intimava all’Italia di interrompere la costruzione del “South Stream”, il gasdotto che avrebbe collegato i giacimenti russi con l’Italia, la “solidale” Germania continuava beatamente a fare i propri interessi tenendo in esercizio il “North Stream 1”.

Ora, è legittimo chiedersi: com’è che funziona questa Europa? Berlino dispone ma non ottempera? Una volta l’ex premier Enrico Letta, citando una nota pubblicità degli anni Settanta, disse: “Non ho scritto Jo Condor sulla fronte” Evidentemente sì, visto che è stato l’ennesimo Re Travicello del tipo arrendevole e sottomesso che la signora Merkel ama avere come interlocutore istituzionale in rappresentanza dell’Italia. Sono dieci anni che si va avanti sul medesimo spartito grazie alla complicità dei governi della sinistra. Non vorremmo che il Re Travicello di turno a Palazzo Chigi, approfittando della distrazione generale della politica concentrata sui de minimis dell’inutile contesa referendaria e sulle battaglie locali per le regionali, si piegasse all’iniqua pretesa germanica di fare pagare solo agli italiani i costi della reazione sanzionatoria contro la Russia. Il nostro dramma sta tutto nel non avere un governo in grado di tenere la schiena dritta in Europa. Fateci caso. Da qualche mese è partita una campagna laudatoria verso l’Unione europea e i Paesi “fratelli” che, attraverso il piano finanziario comunitario Next Generation EU, generosamente ci concederebbero una valanga di denari in prestito per far ripartire la nostra economia. Ma finora nessuno si è preso la briga di spiegarci se questa improvvisa prodigalità preveda una contropartita. D’altro canto, come sperare di saperlo da un Governo e da un premier che hanno avuto il barbaro coraggio di secretare financo i nomi e le nazionalità dei vincitori dei bandi per la fornitura dei banchi di scuola? Sorge il sospetto che, in cambio della mano tesa sui denari, il Governo italiano si sia dichiarato disponibile ad accettare qualsiasi diktat venga da Berlino e dintorni. Starà bene a loro, agli occupanti abusivi del potere, ma non sta bene a noi, gente comune che non ne può più di piegare la testa. Ci verrà la scoliosi a furia di inchinarci a Bruxelles, a Berlino, a Parigi.

Un premier dotato di spina dorsale andrebbe in Europa a dire: vogliamo punire Mosca? Cominciamo col chiudere il North Stream 2 e poi parliamo di tutto il resto. Ma con la sinistra al Governo e Sergio Mattarella al Quirinale dove lo si trova un capo del Governo che al cospetto dei poteri forti europei mostri di non essere un invertebrato? Una persona stimabile che avverta un minimo di amor patrio? Uno retto, che come avrebbe detto qualcuno qualche tempo fa, conosca il senso dell’onore e il corrispondente senso dell’onta? Se avete una risposta convincente datecela, perché noi non l’abbiamo.

Aggiornato il 09 settembre 2020 alle ore 12:05