A un passo da un catastrofico lockdown

Malgrado la situazione clinica del Covid-19 non sia lontanamente paragonabile a quella del mese di marzo, il premier Giuseppe Conte emana l’ennesimo Dpcm che, di fatto, porta il Paese ad un solo passo da un catastrofico lockdown invernale. Tant’è che uno dei membri più autorevoli del Comitato tecnico-scientifico, alias Comitato della paura, il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, ha lanciato un appello alla moderazione. In particolare, lo scienziato ha dichiarato che “c’è stata una marcata accelerazione di casi. Però l’impatto in termini di ricoveri nelle terapie intensive e di numeri di persone che perdono la vita non è certamente paragonabile a quello osservato nei mesi di marzo-aprile. Evitiamo, quindi, di farci prendere dal panico”.

Ancora più duro Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova, il quale ha ancora una volta sparato a palle incatenate contro il clima di terrore sparso a piene mani nel corso dell’estate: “Nei mesi estivi andava spiegato alla gente che l’infezione da Covid, nella stragrande maggioranza dei casi, decorre in maniera lieve e si poteva gestire a casa. Questo non è stato fatto e i risultati si vedono nei nostri ospedali. Invece, si è detto alle persone che il Covid era sempre una malattia devastante, che dava sempre complicazioni perpetue e che buona parte dei contagiati sarebbe finito intubato o morto. Così, non appena qualcuno ha un sintomo, corre in ospedale a farsi curare e ricoverare per paura di non avere cure adeguate a casa – sottolinea Bassetti – altro che dirmi (come fa qualcuno in malafede...e sono tanti) che non dovevo dire che la malattia era più gestibile. Che siano loro a farsi un esame di coscienza e a pensare che disastro hanno combinato. I danni rischiano di essere devastanti”.

Danni devastanti che, oltre a quelli già prodotti da molte demenziali misure fin qui adottate nel Paese, con il succitato Dpcm si aggraveranno ulteriormente, causando la morte certa di un numero incalcolabile di imprese e conculcando, ancora una volta senza inoppugnabili evidenze scientifiche, la libertà dei cittadini italiani. Di fatto, buona parte del Paese reale si fermerà alle 18 di tutti i giorni, in attesa che ciò serva in maniera significativa a diminuire la curva dei contagi. Ma dal momento che si è ben capito che il Sars-Cov-2 se ne infischia di simili misure, proseguendo per la sua strada, così come accade con tutti i virus respiratori, a breve gli stessi geni della lampada che ci governano si troveranno costretti a rinchiuderci in casa, così come accaduto nella primavera scorsa. Tutto questo anche se la curva delle terapie intensive resterà stabile, così come sta accadendo in questo momento.

Avendo infatti inchiodato il Paese, con la complicità di una informazione impresentabile, alla questione dei contagi, chiamati impropriamente “casi” visto che quasi nessun soggetto interessato sviluppa la malattia, di fronte al loro inevitabile aumento, dato per l’appunto che arrivano i mesi freddi, una draconiana chiusura generalizzata appare abbastanza scontata. Ovviamente, ancora una volta verrà rinnovellata l’esigenza di salvare la vita a milioni di persone, anche se il già basso tasso di letalità continua inesorabilmente a scendere, con una età media dei decessi salita a 82 anni.

Tuttavia, un secondo e forse ancor più prolungato lockdown non darebbe più scampo alla nostra già prostrata economia. E chi opera nei settori attualmente interessati alle nuove restrizioni sembra averlo compreso in anticipo, così come dimostrano le numerose manifestazioni di protesta che si stanno allargando a macchia d’olio in Italia. Manifestazioni che la stampa chiusurista attribuisce a presunte frange di estrema destra, ma che in realtà rappresentano, a mio avviso, il sintomo chiaro che sotto la cenere di un crescente mugugno rischia di esplodere la rabbia di quel vasto popolo di non garantiti, giunto ben oltre la soglia di sopportazione.

Aggiornato il 26 ottobre 2020 alle ore 10:11