La vera solidarietà: distribuiamo un terzo dello stipendio

Nelle difficoltà come quelle che viviamo, il Papa invoca giustamente la solidarietà, il capo dello Stato chiede la solidarietà; il capo del Governo raccomanda la solidarietà.  Hanno ragione. Solo attraverso la solidarietà in tutte le sue forme, è possibile tentare seriamente di superare le strettoie del tempo presente, devastato non tanto dalla pandemia, quanto dall’uso terroristico delle informazioni rese sulla pandemia. Basti pensare che ogni giorno si urla da giornali e da televisioni – riprendendo cupi allarmi di Giuseppe Conte o del ministro della Salute, Roberto Speranza – che la curva dei contagi non fa che salire. Sciocchezza sesquipedale, questa, dal momento che a crescere non è mai la curva dei contagi, ma quella delle rilevazioni fatte attraverso i tamponi sui milioni di contagiati che già ci sono in Italia da mesi e mesi: più tamponi si fanno e più cresce il numero dei rilevati contagiati. Volete che ciò che questi mistificatori chiamano la “curva dei contagi” vada giù in picchiata? Facciamo appena diecimila tamponi in un giorno e non avremo più di milleduecento o milletrecento contagi. Potremmo dire che la pandemia sia finita. Volete che salga a dismisura? Facciamo un milione di tamponi e in un giorno solo giungeremo a oltre centomila contagi. Potremmo dire di essere ormai perduti per sempre. Come si vede, una follia, spacciata ogni giorno per verità, ma ottima per terrorizzare le persone, moltissime delle quali sono appunto terrorizzate. Ed essendo quasi tutti terrorizzati, ecco che ci vuole solidarietà.

Infatti, è inutile farsi illusioni: Conte si appresta a chiudere tutto fra poco più di una decina di giorni – direi nella notte fra sabato 14 e domenica 15 novembre – perché è preferibilmente nel tempo notturno del fine settimana che Dario Franceschini, ministro della Cultura e Roberto Speranza, ministro della Salute prediligono recarsi a palazzo Chigi per dettare a Conte le misure da adottare, allo scopo di risultare osservanti di quello che Bernard Henri Lévy definisce il “catechismo virologico”. E dunque tutti, come a marzo scorso, agli arresti domiciliari per almeno un mese o forse due. Non si creda, tuttavia, che gli italiani ne siano tutti disturbati o danneggiati. Non lo sono, in genere, i dipendenti pubblici: non tutti, certamente, ma quella parte che mette a tacere troppo facilmente le ragioni della coscienza, posponendo al proprio interesse personale e familiare quello di tutti gli altri. Sono coloro – e purtroppo non mancano – che vedono nel blocco sociale completo che il Governo stabilirà a breve, una vera cuccagna: stare a casa in pantofole, godersi la famiglia, uscire a fare la spesa e a comprare il giornale, condurre il cane a passeggio, dormicchiare davanti alla televisione, dedicarsi ai propri passatempi, mentre lo stipendio atterra puntuale sul conto corrente dedicato…che si vuole di più? Il telelavoro? Ma finiamola e siamo seri: tranne qualche eccezione, non funziona (eccetto che nel settore privato), rappresentando solo una provvidenziale finzione sociale alla quale molti appunto fanno finta di credere. E ditemi voi perché queste persone – che sono milioni – dovrebbero essere scontente del blocco sociale? Ne sono invece molto, molto soddisfatte e per ciò che le riguarda potrebbero augurarsi che il blocco durasse mesi, anni.

Tuttavia, per questi che sorridono, ce ne sono molti altri che piangono. Sono tutti i dipendenti privati – che sono in Italia circa otto milioni – che non conoscono il loro destino, sempre in bilico fra il perdere definitivamente il posto di lavoro o conservarlo ma in cassa integrazione: un ammortizzatore sociale, questo, sempre parziale e comunque perennemente tardivo, incapace di arginare il progressivo dissesto finanziario dei più. Ma sono anche i cosiddetti “autonomi”, quelli che, da nessuno dipendendo, sono avvezzi a darsi da fare, a inventare il lavoro con le proprie mani e perciò a non poter contare su nessuno: artigiani, piccoli imprenditori, ristoratori, baristi, professionisti di ogni tipo. Tutti, senza eccezione, abbandonati letteralmente al loro pessimo destino, cioè quello di venir gentilmente accompagnati a patire la fame. Ecco, allora, la solidarietà che andrebbe offerta da coloro che vengono preservati al cento per cento anche nel blocco sociale completo a coloro che invece ne sarebbero pesantemente danneggiati.

La proposta solidale è la seguente. I dipendenti pubblici superprotetti in Italia sono circa 4 milioni. Supponendo che lo stipendio medio netto di ciascuno sia di circa millecinquecento euro, un terzo, cioè cinquecento euro, andrebbe trattenuto per le mensilità durante le quali si stabilisca il blocco sociale. Se ne caverebbero in tal modo circa due miliardi di euro al mese, che andrebbero adoperati per rimpolpare la cassa integrazione dei dipendenti privati e per garantire agli autonomi un sussidio mensile non puramente simbolico. Altri fondi potrebbero cavarsi da un contributo straordinario del 10 per cento da chiedere a chi goda di un reddito superiore a duecentomila euro all’anno: fatti i conti si otterrebbe un altro miliardo, da destinare agli scopi di cui sopra. Insomma, la regola aurea della solidarietà: chi può dare, dà; chi non ha, riceve. E ciò, cosa non da poco, senza bisogno di indebitarsi ulteriormente da parte dello Stato.

Aggiungo: se per le note e sciagurate chiusure ideologiche del Movimento Cinque Stelle, l’Italia non dovesse poi accettare il prestito agevolato del Mes, la ritenuta operata potrebbe giungere al 40 o al 50 per cento, e la richiesta ai più ricchi lievitare al 20 per cento, allo scopo di raccogliere fondi da destinare al sistema sanitario, che ne ha davvero bisogno. Questo è ciò che non faranno mai, per il semplice motivo che chi si riempie la bocca di solidarietà, è proprio colui che meno è disposto a praticarla nei fatti, col proprio sacrificio. E, d’altra parte, chi ha mai detto che la solidarietà sia gratuita? Al contrario, quella vera comporta ed esige sacrificio e sarebbe questo il momento di dimostrarlo. Dimenticavo: se lo Stato funzionasse non ci sarebbe bisogno di quanto sopra descritto. Ma, come sappiamo, non funziona. Nonostante ciò, non lo faranno.

Aggiornato il 02 novembre 2020 alle ore 10:16