Tre “ristori” avvelenati del Governo per gli italiani

mercoledì 11 novembre 2020


Diciamolo subito: una cosa è la pandemia, altra cosa la gestione politica della pandemia. Alla prima si addicono le misure sanitarie, i vaccini che non ci sono, i comitati di tecnici che non si fanno capire mai e via dicendo. Alla seconda si addicono invece le decisioni, le scelte, il modo di governare le condizioni del contagio diffuso. In questa seconda prospettiva, si muove il recente decreto governativo dedicato immaginificamente ai “ristori” da garantire agli italiani, in seguito ai danni prodotti dalla pandemia. Il Governo ha pensato di “ristorare” i suoi governati anche dal punto di vista giuridico, nella specie processuale, confezionando, dopo averli infiocchettati al modo di squisite regalie per mezzo di termini ipocriti che si riferiscono al ristoro, tre doni prenatalizi, spacciati appunto per “ristori”.

Il primo “ristoro” – avvelenato - di cui bisogna informare gli italiani, è la morte del processo penale, deliberatamente e programmaticamente ucciso dal Governo, con la previsione che il processo in grado di appello potrà svolgersi in modo cartolare, vale a dire per iscritto, senza la presenza di difensori, imputati e neppure del pubblico ministero. Insomma, uno scambio di letterine fra accusa e difesa che, invece di contenere auguri o pettegolezzi, rappresenta i fatti e gli argomenti da cui dipende la sorte dell’imputato che dovrà essere decisa dai giudici, dipende insomma la sua stessa vita. Niente male, non è vero? Né si dica che ciò sarà possibile solo in grado di appello, mentre il primo grado del processo rimarrebbe integro, vale a dire celebrato attraverso la normale presenza fisica delle parti. Infatti, il grado di appello non è un elemento esterno che in oscuro modo possa essere come aggiunto al primo grado, ma, al contrario, di questo, rappresenta lo sviluppo ordinario e naturale, formando primo e secondo grado una unità inscindibile e funzionalmente coesa. Unità che invece il Governo spezza con un tratto di penna, come nulla fosse e, quel che è più grave, nella generale indifferenza, in quanto tutti, terrorizzati dalle notizie sulla diffusione della pandemia, non hanno tempo né voglia di occuparsi d’altro: tanto meno della morte del processo penale. E quando se ne accorgeranno sarà già troppo tardi. E il Governo lo sa e se ne giova, azzerando le voci contrarie.

Il secondo “ristoro” prenatalizio – parimenti avvelenato – sta nella ulteriore previsione governativa secondo la quale, durante la pandemia, la prescrizione dei reati rimane sospesa, in quanto in caso di impedimento a presenziare al processo di testimoni o consulenti, derivanti da impedimenti pandemici, con conseguente rinvio ad altra udienza, il decorso del tempo rimane bloccato: non opera più la prescrizione. Ma dove le benemerenze del Governo e il suo raffinatissimo senso giuridico più rifulgono è nel terzo “ristoro” prenatalizio di inarrivabile velenosità. Il decreto prevede infatti che nei casi appena accennati – quelli di assenza di soggetti processuali per ragioni legate alla pandemia – rimangano bloccati anche i termini di custodia cautelare dell’imputato. Insomma, se uno sia stato arrestato in via preventiva ed è in attesa del processo, peggio per lui: nel nome della pandemia, allo scopo di “ristorare” il popolo italiano, marcisca in carcere, sperando che il virus, una buona volta, si stanchi e smetta di contagiare.

E la presunzione di non colpevolezza, che rimane garantita dalla Costituzione? E il “favor rei”, quale principio naturale del processo penale? E il senso del diritto? Quisquilie, sciocchezze da favolette per bambini…vuoi mettere il senso politico ed istituzionale di Luigi Di Maio, di Alfonso Bonafede, di Beppe Grillo che sanno come organizzare – pandemicamente – i veri “ristori” per il popolo italiano, anche in sede processuale? Loro che, come è noto, sono finissimi giuristi? Tuttavia, il vero problema non sta in ciò che costoro fanno – sia pure con la inerte complicità di Giuseppe Conte – ma, molto di più, sta nel fatto che non capiscono quello che fanno. In particolare, non capiscono che la presunzione di innocenza stabilita nella Costituzione è un principio intangibile da tutti, anche dal legislatore, e che perciò non può essere vanificata da indegni giochetti di prestigio come quelli contenuti nel decreto, nel quale – per somma ironia – si presenta come “ristoro” quello che in realtà è una sopraffazione bella e buona, una ferita inferta all’ordine giuridico e costituzionale.

Queste cose dovrebbero stare a cuore a tutti e a ciascuno degli italiani, ma temo che non sia così. Temo infatti che il terrore per la pandemia prevalga su tutte le altre preoccupazioni e che, prestando attenzione alla salute del corpo, si ometta di occuparsi di quella dell’anima. E sarebbe un vero e irreparabile guaio, perché chi abbia trascorso anche un solo giorno più del lecito in custodia cautelare, in forza di questo editto incostituzionale ed antigiuridico, non potrà mai essere risarcito del danno patito. Oggi, davvero, sarebbe il caso di scendere in piazza per chiedere il rispetto elementare della pura dignità degli esseri umani, calpestata da questi governanti, ahimè, troppo incompetenti per essere in mala fede e troppo in mala fede per essere competenti.


di Vincenzo Vitale