L’Italia perdente e rancorosa nata da “Mani pulite”

Il moralismo che sostituisce la moralità. In politica, in magistratura, nello Stato di diritto. Poche mosse e il gioco è fatto. Un Paese si trasforma da ricco, felice e vincente in povero, perdente e rancoroso nell’arco di poco più di un quarto di secolo. È quello – grosso modo – che è successo all’Italia dal 1991 a oggi. Grazie in primis alla presa del “Palazzo di inverno” da parte del potere giudiziario e “ammanettatorio” dei Pubblici ministeri. È il fenomeno legato all’inchiesta “Mani pulite”. Condito con l’estremismo interessato del professionismo dell’antimafia che era già in atto da tempo, per lo meno dal processo a Enzo Tortora, e che si è giovato di un’accelerazione straordinaria con le leggi di emergenza, quasi inevitabili dopo la strage di Capaci. Un Paese felice è stato così trasformato in poche tappe in uno stato di polizia. Usando la breccia già aperta dalle leggi antiterrorismo che seguirono alle stagioni delle stragi impunite e a quella dello strapotere delle Brigate Rosse.

Una non indifferente parte della politica e della magistratura del Pubblico ministero ha approfittato – anche inconsapevolmente, il che è persino peggio – di queste tragedie nazionali per consolidare e accrescere il proprio potere e la propria prepotenza istituzionale, calpestando la libertà degli individui e la costituzione. E questo va detto chiaramente. Almeno perché sia chiaro che in Italia prima di accusare gli altri Paesi come la Polonia e l’Ungheria di violare lo Stato di diritto – ed è verissimo che lo violino – si dovrebbe riflettere sulle violazioni interne. Facile puntare il dito sugli altri per ripulirsi la coscienza a buon prezzo. Ma noi come trattiamo i carcerati? Noi come combattiamo gli oppositori politici in Italia? Sarà un caso, ma le accuse all’ingrosso di corruzione e di mafia – con relative assoluzioni di massa, a distanza però di anni e senza particolare clamore editoriale e televisivo – sono le stesse che hanno portato alla fine al potere grandi autocrati che temiamo come Recep Tayyip Erdogan e lo stesso Vladimir Putin.

Oggi con i Cinque Stelle al Governo e con i media egemonizzati dagli estremisti delle manette e della forca c’è stata una drammatica accelerazione e si sta creando una situazione in cui l’olio di ricino è stato sostituito dalle campagne stampa e giudiziarie di odio e di sputtanamento sui giornali tramite l’abile regia di chi fa uscire frasi e intercettazioni di inchieste, che vanno sempre di più a frugare nel privato invece che nel pubblico. E tramite la pubblicazione di queste frasi, fatta in modo compiacente e compiaciuto. Spesso non per motivi di libertà di stampa ma o per banale complicità a questo disegno o talvolta per motivi di marketing editoriale.

Lo sputtanamento dei ricchi e dei potenti nei quotidiani è un po’ come il deprecato (a parole) fenomeno delle foto delle donne nude. Hai voglia a dire che sviliscono la dignità femminile. Intanto però fanno vendere copie. Risultato? Negli anni Sessanta e Ottanta giravano più soldi e più lavoro perché ci stava più fiducia. Oggi, tutti diffidano di tutti e contemporaneamente ci si tenta di fregare l’un l’altro. Con lo stato che opprime ma non protegge. È in gioco ormai da anni la libertà e il benessere di un popolo. E sacrificarlo sull’altare del Moloch della pubblica accusa omnipervasiva e ingerente nella politica sembra un grosso azzardo. Di cui moltissimi cominciano già a pentirsi e a non poterne più. Anche se sono troppo vigliacchi per affermarlo pubblicamente.

Aggiornato il 23 novembre 2020 alle ore 10:40