Gli annunci sulla disponibilità del vaccino non restino tali

mercoledì 25 novembre 2020


Vi ricordate le dichiarazioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte la notte del 21 luglio a valle del Consiglio dei presidenti della Unione europea quando annunciò che “entro la fine dell’anno il nostro Paese avrebbe potuto disporre di almeno il 10 per cento, addirittura forse il 20 per cento, delle risorse previste nel Recovery Fund”, in realtà pochi mesi dopo, grazie anche ai chiarimenti forniti dal Commissario europeo, Paolo Gentiloni, abbiamo scoperto che tali risorse sarebbero potute arrivare non prima del secondo semestre del 2021. Non è bello che un presidente del Consiglio di uno Stato chiave della Unione europea come il nostro, possa fornire anticipazioni così azzardate e poi dover essere, addirittura, smentito da un Commissario della Unione europea.

Ora però c’è un altro bagno mediatico, questa volta più forte e, a mio avviso, più irresponsabile perché genera illusioni su un tema che riguarda la vita proprio di chi è all’interno di una fascia di età a rischio; mi riferisco in particolare a due annunci fatti sempre dal presidente del Consiglio Conte poche settimane fa, il primo annuncio “avremo il vaccino alla fine del corrente anno” e il secondo “a gennaio saranno disponibili 1.700.000 dosi e inizieremo la vaccinazione dei soggetti più a rischio”. Dopo pochi giorni da tale annuncio Guido Rasi, direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), ha precisato del possibile arrivo del vaccino forse nel mese di febbraio del prossimo anno. Nonché di una disponibilità per tutte e tutti solo in estate e, sempre nella migliore delle ipotesi. L’Ema, con sede ad Amsterdam, dovrà occuparsi di dare via libera alla commercializzazione del farmaco nel continente. “Certo la previsione di Conte è tecnicamente ancora possibile – dice sempre Rasi – ma difficile se addirittura non improponibile”. Ma sempre Rasi fa anche il punto sullo stato dell’arte della sperimentazione e ci ricorda che tre sono i candidati che stanno completando la fase della sperimentazione: Moderna, AstraZeneca e Pfizer; per farcela entro gennaio – febbraio, dovranno mandare all’agenzia europea del farmaco informazioni chiare ed esaustive entro la fine del mese di novembre. Solo entro la fine dell’estate del prossimo anno ribadisce Rasi inizieremo ad avere abbastanza vaccinati per vedere gli effetti sulla pandemia. Ma la considerazione più preoccupante pronunciata da Rasi è la seguente: “Sono molto preoccupato perché non vedo preparare piani nazionali per la distribuzione, autorizzare il vaccino 15 giorni prima non serve a nulla se poi perdi 4–5 mesi nella campagna di vaccinazione perché non l’hai allestita e concepita bene”. Infatti, a differenza del presidente Conte, il ministro della Salute, Roberto Speranza, è stato molto più attento: “Le notizie sul vaccino anti Covid sono incoraggianti. Serve ancora tanta prudenza. La ricerca scientifica è la vera chiave per superare l’emergenza. Nel frattempo, non dobbiamo mai dimenticare che i comportamenti di ciascuno di noi sono indispensabili per piegare la curva”.

Molto, tra l’altro, si giocherà sulla concreta capacità dei Paesi di conservarlo e distribuirlo nel modo adeguato e in tempi celeri. L’Unione europea, titolare dei contratti stipulati con le diverse case farmaceutiche per il vaccino (tra cui Pfizer e Oxford/AstraZeneca), ha chiesto a ogni Paese di organizzare un piano di distribuzione delle dosi, individuando le fasce di popolazione da sottoporre a profilassi in via prioritaria e la rete di centri per la somministrazione. Un punto fondamentale del piano dovrà riguardare la conservazione dei vaccini. Tutti i vaccini per altre malattie, ad esempio l’influenza, vengono infatti conservati a -2/-8 gradi, ma per quelli anti Covid la temperatura è ancora più bassa e arriva sotto lo zero. Si tratta di temperature che “rappresenteranno sicuramente una sfida per molti Paesi”. Il vaccino di Moderna, ad esempio, richiede una temperatura di conservazione di -20 gradi centigradi. Mentre per conservare in maniera ottimale il vaccino avviato in sperimentazione da Pfizer serve addirittura una temperatura di meno 75 gradi. La catena del freddo deve essere assicurata dal momento in cui il farmaco esce dal sito produttivo a quando la dose viene somministrata. Come riporta il Corriere della Sera, in Italia gli unici due aeroporti certificati per ricevere farmaci sono Fiumicino e Malpensa, che tuttavia non sono attrezzati con frigo a così basse temperature. Saranno le autorità statali che stanno predisponendo il piano, dunque, a dover sciogliere il nodo. A sottolineare le criticità ancora irrisolte sulla questione dei vaccini anti Covid vi è la dichiarazione di pochi giorni fa del presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, Silvio Garattini: “Siamo tutti in attesa del vaccino, ma prima di fare festa servono dati e risposte precise se vogliamo conquistare la fiducia della popolazione. Partiamo da un presupposto: in questo momento c’è una gara tra le industrie farmaceutiche. Una corsa a chi arriva primo sotto gli occhi di tutti. Parlano di una percentuale di protezione molto alta, addirittura del 90 per cento. Se fosse così saremmo contentissimi, ma sono dati definitivi o parziali? E quanti sono gli anziani testati e quelli con patologie gravi? Non lo sappiamo. Ed è noto che i vaccini hanno meno efficacia in questa categoria di persone”. Enrico Bucci e Luciano Capone in un loro articolo su “Il Foglio” della scorsa settimana ricordavano che “non avere un piano per distribuire il vaccino è come non avere il vaccino”. Ed entrando proprio nel merito dell’intera storia logistica ricordano che per assicurare l’arrivo del vaccino in condizioni soddisfacenti è necessario che la catena del freddo non sia mai interrotta. Quindi un tema da affrontare subito e da affrontare in modo organico con eccellenze dell’intero ciclo è proprio quello della logistica. Tutto questo ci preoccupa perché ci fa capire che è davvero azzardato parlare di tempi certi, parlare di disponibilità del vaccino nei prossimi due–tre mesi.

Finché si tratta di annunci relativi a fantomatici bazooka finanziari, finché si tratta di ampie assicurazioni sulla disponibilità di risorse provenienti dalla Unione europea, finché si danno ampie assicurazioni sull’avvio entro l’anno di risorse a fondo perduto sempre da parte della Unione europea, penso si sia all’interno di un comportamento discutibile da parte del Governo ma non lo ritengo tanto grave perché fa parte della “superficialità di chi governa”; invece assicurare la disponibilità di un vaccino entro pochi mesi penso sia davvero grave. Lo ritengo grave perché coloro che, secondo i dati più volte ribaditi dalla Organizzazione mondiale della sanità, vengono definiti “soggetti a rischio” hanno una età superiore ai 70 anni; ebbene questa fascia di età si compone di oltre 10 milioni di unità (al suo interno tra l’altro ci sono anche io); ebbene all’interno di questo ricco serbatoio di vite umane tutti speriamo nell’arrivo del vaccino e non accettiamo gratuiti ottimismi, non accettiamo date che ci caricano di speranza e poi la cruda realtà ci dice che ci toccherà aspettare ancora un anno e non due o tre mesi. Al Governo è consentito tutto non di giocare con la vita di chi è meno giovane!

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)