L’amicizia come una Patria: per Arturo

Quelle che seguono non sono parole di circostanza. Qui ed ora non ci sono circostanze di alcun genere da fissare per iscritto. Tento unicamente di dare testimonianza della mia amicizia ultratrentennale con Arturo Diaconale, troppo presto partito per la meta che tutti ci accomuna. Un uomo mite quanto intelligente; buono e dal sorriso aperto; un appassionato del suo lavoro di giornalista, svolto sempre con perspicacia e liberalità assoluta. Arturo non era liberale solo per vocazione politica e sociale: lo era per costituzione spirituale, per mentalità, per fisionomia psicologica. Per questo motivo era una persona rara e di raro e fine sentire, soprattutto in un tempo come il nostro, intriso di aggressività, di intolleranza, di devastante volgarità.

Di qui probabilmente la sua eleganza; una eleganza esteriore – nel portamento e nei modi – che tuttavia non era che il riflesso visibile di una più profonda eleganza, quella stessa dell’anima e di un sentimento del mondo e delle persone, che lo induceva sempre a giudizi misurati, dotati di naturale equilibrio e soprattutto mai definitivi, mai senz’appello, sia nella elaborazione giornalistica, sia nello svolgimento degli incarichi di amministrazione che gli furono affidati. E dopo oltre tre decenni, nel corso dei quali ho scritto innumerevoli editoriali, sotto la sua guida direttoriale, nati dal confronto sagace ed aperto con la sua intelligente capacità di cogliere il senso delle vicende politiche e sociali – ora che non è più fra noi, a portata, giorno e notte, del mio telefono – me ne residua come un passo claudicante dell’anima, un mancamento non altrimenti rimediabile, se non assumendolo nella consapevolezza di un acuto dolore.

E mi nutro, adesso, anche di un sordo rammarico: quello di non aver capito e saputo – quando lo incontrai mesi fa – che si trattava dell’ultima volta. Tuttavia, così ci lasciano gli amici come Arturo. È andato via quasi in silenzio, senza clamore, usando di uno stile misurato anche in questo ultimo e terribile passo, a testimonianza di un passaggio non vano sulla terra. Anche per questo la sua amicizia, per me, è stata un dono e infine come una Patria. Il luogo del ritorno e dell’accoglienza. E anche di questo lo ringrazio dal profondo del cuore.

Aggiornato il 05 dicembre 2020 alle ore 09:16