I vocaboli padre e madre relitti del passato

In risposta ad una interrograzione parlamentare alla Camera in merito all’utilizzo dei vocaboli padre e madre sui documenti di identità e sui registri scolastici, il ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, ha spiegato che il Garante per la protezione dei dati personali “ha rilevato che l’applicazione delle nuove disposizioni ha comportato notevoli criticità, in termini di protezione dei dati e di tutela dei minori, nei casi nei quali i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale non siano riconducibili alla figura materna o paterna, ora espressamente previste, e ha rappresentato la necessità di adeguare le disposizioni al quadro normativo introdotto dal regolamento europeo in materia di trattamento dei dati personali”. Ha poi precisato che al più presto verrà sanata l’iniquità nei confronti dei figli delle coppie dello stesso sesso con un decreto-legge e verranno ripristinati vocaboli più consoni alla correttezza.

Questo giornale, pochi giorni, fa scherniva quei Paesi che con provvedimenti a volta d’urgenza hanno provveduto ad eliminare tali insulse parole. Padre e madre. Le più belle pagine della letteratura sono state scritte sul tema. Immaginiamoci Pier Paolo Pasolini che, invece di dedicare i suoi versi più commoventi alla sua amatissima madre Susanna, in Supplica a mia madre e ne La ballata delle madri, li avesse dedicati al suo genitore 2. Oppure Salvatore Quasimodo, con la sua Lettera alla madre, Gianni Rodari con le sue filastrocche per bambini, Giuseppe Ungaretti con La madre ed infine Salvatore Di Giacomo, che con l’intensità del dialetto napoletano ci ricorda “chi tene ‘a mamma è ricche e nun ‘o sape.

Ovvio che più ancora che sulla carta d’identità, su cui poche volte indugia un bimbo, bisognerebbe mettere mano a tutte quelle pagine che nell’ottica distorta del politically correct potrebbero generare disagio ai componenti delle nuove tipologie di famiglia. E presto dovrà intervenire anche il Santo Padre a rimuovere qualche residuo archeo-lessicale. Ci si accorgerà presto che le lezioni di catechismo sono fonte di discriminazione già dalla lettura dei Comandamenti, in quanto ce ne è uno che addirittura, senza mezzi termini, impone di onorare il padre e la madre. Non si capiscono le ragioni che giustifichino in tutto il mondo occidentale il desiderio di forzare le fondamenta del nostro lessico, esigenza peraltro non sentita dai destinatari delle norme. Molti recenti studi scientifici hanno riportato, infatti, che i figli di coppie gay sono “più in salute e felici” rispetto a quelli cresciuti in famiglie “tradizionali” composte da un padre e una madre. Gli indicatori utilizzati per giungere alle conclusioni dello studio avevano a che fare con autostima, emotività, tempo trascorso con i genitori, stato di salute e coesione familiare. Il risultato è stato attribuito al fatto che i genitori dello stesso sesso sfuggono ai cosiddetti ruoli di genere, per cui tradizionalmente la donna resta a casa a prendersi cura dei bambini e il padre esce dalla casa per lavorare e mantenere la famiglia. In una coppia dello stesso sesso c’è più libertà rispetto agli stereotipi di genere. E i ruoli si adattano maggiormente ai desideri e alla propensione dei singoli, maschi o femmine che siano. Questa è la scienza unica che si dovrebbe preoccupare delle condizioni dei bimbi cresciuti in famiglie omogenitoriali. Il resto appartiene a quel di più che insieme alla demolizione di altri capisaldi – ben esplicitata dal motto di una nostra parlamentare Dio, Patria e famiglia, che vita di m… – tende a minare i valori della nostra civiltà occidentale. Quando ai provvedimenti non si può dare una spiegazione razionale, si può solo immaginare che gli ordini vengano dall’alto!

Aggiornato il 15 gennaio 2021 alle ore 11:08