Domenico Manzione for president!

Chi è Domenico Manzione e perché lo propongo quale presidente della Repubblica? Per il semplice motivo che, a quanto ne so, si tratta dell’unico magistrato in Italia la cui domanda di assegnazione alla poltrona di procuratore della Repubblica (in questo caso di Lucca) sia stata bocciata dal Consiglio superiore della magistratura, perché risulterebbe “amico di Matteo Renzi”. E da che cosa risulterebbe? Dal fatto che nell’ultimo Governo presieduto da Enrico Letta, Manzione ha ricoperto la carica di sottosegretario presso il ministero dell’Interno (manco fosse stato un clan di malavitosi), alla quale sarebbe approdato anche grazie al suo rapporto di amicizia con Matteo Renzi, successivo capo del Governo. La cosa era nota da tempo ed è stata confermata pubblicamente in modo indubitabile dallo stesso Manzione nel corso di una intervista rilasciata a Report. Per questo motivo, e soltanto per questo motivo, Manzione non potrebbe ricoprire il ruolo di procuratore capo di Lucca, sospettato di pericolose collusioni politiche addirittura con Renzi – noto esponente della “malavita” toscana (la famosa Palma che sale al Nord), come tutti ben sanno – e nonostante pochi giorni prima la Commissione del Consiglio avesse votato a suo favore addirittura all’unanimità.

E meno male che Loredana Miccichè, componente del Consiglio in quota a Magistratura indipendente, relatrice della pratica, vigilando in modo encomiabile e dotata di una coscienza etica superiore, ha dichiarato che proprio per questo rapporto di amicizia, esplicitato da Manzione, non se la sente di avallare la sua richiesta, in quanto la pubblica conoscenza di tale rapporto di amicizia influenza di sicuro la percezione dei requisiti di imparzialità e di indipendenza che un procuratore della Repubblica deve possedere. Soprattutto in Toscana, zona di provenienza di Renzi. Gli altri consiglieri – manco a dirlo – si sono accodati, a prescindere dalla corrente di appartenenza, condividendo la bocciatura proposta dalla collega, tranne il consigliere Giuseppe Cascini e – strano a dirsi – i due eletti dai Cinque Stelle, i quali tutti hanno invece auspicato una riforma di legge sul punto.

Sicché oggi la situazione è la seguente: Manzione, reo di aver occupato la poltrona di sottosegretario agli Interni, più reo ancora per i rapporti amicali con Renzi, ed infine “ultrareo” per averlo pubblicamente dichiarato, non potrà occupare la poltrona di procuratore della Repubblica di Lucca. Invece, come tutti gli italiani ben sanno, i vari procuratori della Repubblica delle altre città italiane, tutti indistintamente, non sono amici di nessun politico – meno che mai di Renzi – e hanno ottenuto il posto che occupano soltanto per meriti propri, indiscussi e indiscutibili. Lo stesso dicasi per i capi di tutti gli altri uffici giudiziari italiani – presidenti, presidenti vicari, procuratori e via dicendo – tutti evidentemente immuni da ogni vicinanza a politici di qualunque colore, come la cronaca abbondantemente ci ricorda con le vicende di Luca Palamara e perciò perfettamente legittimati nel loro ruolo.

Questa loro legittimazione deve essere evidentemente arcinota a tutta l’opinione pubblica nazionale, visto che non è mai stata messa in discussione. Tuttavia, a ben guardare, si arguisce che ciò che le parole della Miccichè condannano non è tanto l’amicizia di Manzione con Renzi, quanto l’averla pubblicamente ammessa: questo sarebbe il vero peccato originale di Manzione dal quale presumiamo egli mai potrà mondarsi, dal momento che quella pubblica ammissione resterà lì per anni. Anzi per sempre, precludendogli non solo il posto di Lucca, ma in assoluto tutti i posti direttivi e semi-direttivi d’Italia. Perché se Manzione era amico di Renzi ieri, lo è ancora oggi e lo sarà domani e la frittata è fatta. Per questa ragione, gli suggerisco, se non accettasse il Quirinale, di sfidare a singolar tenzone il senatore fiorentino, in modo da proclamare davanti al mondo la fine di un’amicizia, altrimenti la sua carriera sarà ostacolata ad ogni passo come lo è stata oggi. Infatti – si capisce dalle parole della Miccichè – meglio sarebbe stato per lui non dichiarare la verità, cioè che era amico di Renzi, facendo come molti altri suoi colleghi che di simili amicizie imbarazzanti preferiscono tacere facendo finta di nulla. A meno che non si pensi che esser amico di Renzi oggi sia imbarazzante, mentre poteva non esserlo anni fa, quando egli era capo del Governo.

Ecco la lezione, dunque, che è possibile derivare da quanto accaduto: che cioè molti magistrati, incuranti del loro collateralismo politico che peraltro tutti ben conoscono, godono di un avanzamento di carriera invidiabile, mentre il solo e unico magistrato italiano che abbia pubblicamente ammesso un legame amicale con un senatore della Repubblica (manco si trattasse del bandito Salvatore Giuliano) e occupato un ruolo di sottosegretario al Viminale (deputato al rispetto delle leggi), non è ritenuto degno di ottenere la poltrona di procuratore capo di Lucca (manco si trattasse di Palermo o di Roma). Per questo motivo, propongo ai parlamentari che fra pochi mesi saranno impegnati per l’elezione del nuovo capo dello Stato, di eleggere proprio Domenico Manzione. Uno dei pochi a dire pubblicamente la verità: se lo merita.

Aggiornato il 18 gennaio 2021 alle ore 22:31