Fiducia a Conte: una cronaca tragicomica

“Ma lo sa che noi attraverso le cessioni di Falchetti e Mengoni riusciamo ad avere la metà di Giordano da girare all’Udinese per un quarto di Zico e tre quarti di Edinho?”. Frase liberamente tratta dal film “L’allenatore nel pallone” attraverso la quale il Commendator Borlotti annuncia al suo allenatore, Oronzo Canà, acquisti inesistenti nella sessione estiva del calciomercato. Un po’ gli stessi discorsi che Clemente Mastella e Giuseppe Conte avranno fatto nelle stanze del Senato per “l’ingaggio” degli onorevoli migranti. Questo è l’aspetto tragicomico della scena penosa a cui siamo stati costretti ad assistere nelle sacre stanze della democrazia italiana profanate dagli “accattoni”.

Ma se non si comprende la genesi di questa crisi politica è impossibile andare avanti comprendendo cosa accadrà di qui a pochi giorni. La crisi non è nata per motivi incomprensibili come hanno ripetuto a pappagallo in molti. La crisi è nata perché si sono voluti mettere insieme i favorevoli al Mes (i renziani) con coloro i quali lo vedono come il fumo negli occhi (i grillini). O se volete si sono voluti mettere insieme i giustizialisti alla Alfonso Bonafede con i garantisti di ritorno come Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Inutile girarci intorno, come ampiamente prevedibile, una maggioranza nata “altrimenti vincono i sovranisti” ha ben presto mostrato la corda. Adesso tutti interpretano la tripletta del momento – e cioè 156 (voti favorevoli al Governo), 140 (voti contrari), 16 (astenuti) – a modo proprio. C’è insomma chi aggiunge gli astenuti ai contrari dicendo che è finita in un pareggio e, quindi, in un risultato deludente per il premier. Noi invece avanziamo qualche dubbio: se Italia Viva ha scelto di astenersi per atto di cortesia verso la propria ex maggioranza, allora, si può parlare di un pareggio su cui Giuseppe Conte e Sergio Mattarella dovrebbero riflettere in maniera molto serena e pacata. Se invece l’astensione di Italia Viva è un espediente per tenere la porta aperta a un futuro rientro nei ranghi, allora che Giuseppe Conte vada pure avanti se ritiene di poterlo fare.

Nell’uno o nell’altro caso la parola d’ordine di questo nuovo scorcio di legislatura sarà “ricatto”. Già, perché se Matteo Renzi dovesse ritornare in maggioranza dopo aver dimostrato che senza il suo micro-partito non c’è stabilità, allora lo farebbe alle sue condizioni. E queste condizioni crescerebbero di giorno in giorno, un po’ com’è stato prima della crisi. E cioè tenendo in ostaggio la già insipiente compagine governativa. Se invece, dopo l’astensione, si dovesse decidere di non trattare con i renziani, sarebbe comunque ricatto e la maggioranza dovrebbe consultare il pallottoliere ad ogni passaggio parlamentare in una logica che definire logorante è poco.

Non solo, se alla Camera una “fasciolara” come Renatona Polverini la tieni buona con un piatto di pajata, al Sentato il gioco si fa duro perché hai a che fare con Lady Mastella (Alessandra Lonardo), con Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin, tutti professori emeriti di equilibrismo (a patto che non si siano disciplinatamente prestati a giochi strani su indicazione di Silvio Berlusconi).

In fin dei conti, cosa sarà da oggi in poi al Senato, lo dimostra plasticamente la votazione: alle ore 22,15 si registrano due senatori scomparsi in corso di votazione (Lello Ciampolillo e Riccardo Nencini). Alle ore 22,16 il senatore Ciampolillo (uno che ha la residenza su un ulivo e non è uno scherzo) si agita perché pretende di prendere parte alla votazione. La presidente del Senato, dopo aver guardato il Var, decide che i due colleghi possono votare perché giunti in aula sul filo di lana. Atteso che nessuno crede alla tesi di una lunga, lunghissima minzione, diteci dove erano e che facevano Ciampolillo e Nencini tra le 21,17 e le 22,14. Diteci cosa facevano di così importante, da far tardi ad una delle votazioni più importanti della loro carriera parlamentare. Noi una mezza idea ce la siamo fatta ed è per questo che il destino di Giuseppe Conte lo vediamo appeso a un filo. Quello stesso filo che potrebbero riannodare Italia Viva, Partito Democratico e Cinque Stelle dopo la definitiva uscita di scena di Giuseppe Conte, l’avvocato del diavolo più che del Popolo, colui che è disposto a fare tutto con tutti e quindi niente con nessuno.

Aggiornato il 21 gennaio 2021 alle ore 09:39