Ma quale responsabilità: staccare la spina alla legislatura

mercoledì 27 gennaio 2021


Io non credo affatto che prolungare questa legislatura sia dimostrazione di responsabilità. Non mi riferisco al fatto che secondo i sondaggi, oggi, il risultato delle elezioni sarebbe diverso da quello del 2018. Le legislature, secondo Costituzione, durano cinque anni e non risentono degli umori mutevoli di un elettorato instabile e fluttuante. Se dessimo retta ai sondaggi, infatti, andremmo a votare un giorno sì e uno no. Dico, invece, che il voto è l’unica soluzione possibile, perché, visto come sono andate le cose, il patto tra eletti ed elettori è irrimediabilmente compromesso.

Provo a spiegarmi. Due Governi di diverso orientamento con un’unica trazione, confusa; maggioranze che si formano e si dissolvono sulla base di alchimie opportunistiche e non di convergenze politiche; contraddizioni tra i programmi sui quali si è chiesto il voto e l’azione di Governo; inettitudine dei soggetti chiamati a dirigere la macchina dello Stato; frantumazione dei gruppi parlamentari e oscillazioni incomprensibili. Sono contrario da sempre al vincolo di mandato: è una barbarie (prima gradita al partito di maggioranza relativa; ma, si sa, prima era prima). Nondimeno, quando i Governi si formano grazie ai transfughi di una o dell’altra formazione, qualche domanda bisogna pur farsela. Non c’è e non può esserci una maggioranza. Questa è la verità. Il Paese ha bisogno di chiarezza politica, non di decreti partoriti il sabato sera e annunciati su Facebook. Io ho diritto – diritto – di criticare, anche aspramente, l’incapacità dei ministri, di ridere dei loro errori di linguaggio, dei banchi a rotelle e della loro mancanza di esperienza lavorativa. Sarà mica colpa mia se il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, non sa parlare e se il guardasigilli, Alfonso Bonafede, è impreparato!

Dobbiamo votare perché in democrazia, quando le cose vanno male, ci si conta. Si deve avere il coraggio di rivolgersi al popolo sovrano. Noi non possiamo accettare che qualcuno pretenda di proseguire nell’accanimento terapeutico per impedire che vincano Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Questo non è democratico. Forse, è anche inevitabile, visto che prima o poi al voto bisognerà comunque andare. Tra l’altro, sia detto per inciso, siamo al punto in cui i pentastellati accetterebbero anche il sostegno di (“Demente”, così lo chiamavano ignobilmente) Clemente Mastella, pur di non andare a casa. Belzebù per Belzebù, scelgo sempre quello votato democraticamente. O devo pensare che la democrazia non vi piace?

Siamo passati dal tripudio (ridicolo) della scorsa settimana alle dimissioni. L’espace d’un matin. Ora, arriveranno i soliti responsabili, pronti a sfruttare la situazione e a trarne vantaggio. È ora di staccare la spina. Io ho un amico, Riccardo Molinari, al quale chiedo di fare l’interesse della democrazia, per evitare a me e agli altri questa vergognosa pantomima, fatta di interessi inconfessabili paludati di belle, ma inutili, parole.

 


di Mauro Anetrini