Per il terrorismo la soluzione politica è ormai impossibile

Se ai tempi di Dante si fosse ipotizzata una pacificazione generale tra guelfi e ghibellini come se ne sarebbe usciti da una impasse in cui i guelfi fossero stati d’accordo solo per amnistiare quelli della propria fazione e i ghibellini altrettanto? La risposta è semplice: non se ne sarebbe usciti. E infatti all’epoca la pacificazione non avvenne. Se dalla Firenze di Dante ci volessimo trasferire nell’Italia degli Anni di piombo e nella stagione che seguì a quella del terrorismo di destra e di sinistra il discorso non cambierebbe. Dal 1984 a oggi non si contano i tentativi, alcuni nobili e sin troppo utopistici, altri meno nobili e assai opportunistici, di “chiudere la stagione degli Anni di piombo” sul modello con cui il Sud Africa – ad esempio – chiuse la stagione para rivoluzionaria di Nelson Mandela. Che non fu un Gandhi anche se non fu nemmeno un Arafat.

In Italia però il problema che subito si pose è che ogni schieramento voleva salvare – e quindi pacificarsi – solo con i terroristi che facevano riferimento ai miti utopistici e violenti del proprio schieramento. I missini e i destrorsi in genere – con molta titubanza – sarebbero stati disponibili solo a amnistiare i rivoluzionari di destra, guai chiamarli terroristi, e i comunisti che già stavano al potere tramite il consociativismo con la Democrazia Cristiana si sarebbero dimostrati disponibili solo ad amnistiare o a studiare una soluzione politica per i “compagni che hanno sbagliato”, rigorosamente appartenenti a quello che Rossana Rossanda in un celebre articolo sul “Manifesto” chiamava “l’album di famiglia”.

Il retropensiero per ciascuno di questi atteggiamenti più o meno era lo stesso: i nostri erano bravi ragazzi idealisti che si sono fatti trascinare nella atmosfera da guerra civile di quegli anni fino ad ammazzare poveri innocenti per strada. I vostri invece sono assassini spietati e basta. Lo stesso doppiopesismo che oggi constatiamo tra quei politici che invocano sempre la galera per gli altri e la clemenza per i propri. Con queste premesse, la stagione degli Anni di piombo non si è mai veramente chiusa – come mai si chiuse a suo tempo la guerra civile del dopo 8 settembre 1943, come spiegava nei propri libri Giampaolo Pansa – e oggi non rimane che chiedere la verità in maniera retorica ai reduci, spesso comprimari quando non squallide comparse ma quasi mai protagonisti, di quella terribile stagione. Da una parte e dall’altra.

Si cercano mandanti occulti per la strage di Bologna come per il sequestro di Aldo Moro. In pratica la si butta in caciara. E quando pure si riuscisse a mettere le mani su tutti i latitanti di quell’epoca, di destra e di sinistra, che nel frattempo si sono ricostruiti un’esistenza lontano dall’Italia, non si risolverebbe niente. Al massimo si trasformerebbero alcune carceri speciali in ospizi della lotta armata. Tentando ciascuno schieramento politico ideologico di riscrivere la storia a proprio uso e consumo con le confessioni indotte, quando non estorte, a dei poveri imbecilli ormai senza arte né parte.

Aggiornato il 14 maggio 2021 alle ore 13:51