Stato di diritto e Stato di-storto

lunedì 14 giugno 2021


Scrivevo qui il 7 giugno che contrapporre il garantismo al giustizialismo costituisce un paragone impossibile. Forse utile a dare una patina politica ma inutile a chiarire l’essenza dell’uno e dell’altro concetto. Parlando in generale, alla definizione di un nome giova molto il significato del nome opposto. Il dizionario dei sinonimi e dei contrari aiuta davvero a “tornire” il senso di una parola al di là della spiegazione che ne dà il vocabolario. Garantismo e giustizialismo non solo sono nomi che rimandano a complessi concetti, ma sono anche allusivi, nel senso che chi li pronuncia può voler dire cose diverse da chi li ascolta, in tutto o in parte. Quindi contrapporre due allusioni è umoristico oltre che sterile. Inoltre, usare i due nomi con riguardo ad un caso concreto costituisce una truffa semantica. Per evitarla, bisogna dichiararsi colpevolisti o innocentisti. Proclamarsi “garantisti-innocentisti” dopo la sentenza di assoluzione pare un’assurdità, non meno che “giustizialisti-colpevolisti” dopo una condanna. Il garantista è un innocentista in servizio permanente fino alla sentenza di condanna, il giustizialista è un colpevolista in servizio permanente prima della sentenza di condanna. A parte la malafede di dichiararsi tali per lisciare il pelo dell’opinione pubblica in voga o della fazione amica.

Il concetto opposto del garantismo non è, dunque, il giustizialismo, ma lo Stato di-storto ovvero Stato distorto cioè quello Stato di diritto che, tale di nome, non lo è di fatto. La contrapposizione, pertanto, è tra liberalismo e “illiberalismo”.  Sbagliano coloro che affermano di essere garantisti o giustizialisti come se dicessero: “Sono carnivoro, non vegetariano”. Mentre non esiste il falso giustizialismo, esiste invece il falso garantismo.

Per esempio, garantismo non può voler dire che l’imputato possiede il diritto di cavillo, con cui impedire la conclusione del processo e l’emanazione della sentenza definitiva. La presunzione d’innocenza viene assimilata, dai falsi garantisti, ad uno scudo contro il processo, mentre significa che l’accusa è sempre aleatoria prima del giudicato. Se no, il garantismo cessa di essere ciò che è, per nome e sostanza: equo processo secondo giusta legge. Per converso, quando una pena è stata irrogata, dev’essere scontata, perché la certezza del diritto è parte integrante del garantismo. E se le leggi non la favoriscono, bisogna accordarle allo scopo. Anche l’umanità della pena è parte integrante del garantismo. Ma la norma costituzionale, secondo cui la pena tende alla rieducazione del reo, non può essere applicata nel senso di vanificare di fatto la sanzione. L’anno dei condannati già dura nove mesi, anziché dodici, in galera. Il garantismo non confonde l’effettività con l’umanità della pena. La pietà verso il colpevole è nobile, ma le lacrime della vittima, se può ancora piangere, moralmente valgono di più.

Garantismo e giustizialismo sono separati. Farli scontrare come tori aizzati è una specie di tauromachia che fa comodo perché distrae dalla giustizia.


di Pietro Di Muccio de Quattro