Il neo-capitalismo cinese e il ruolo nefasto dei Comuni

“Così molte nazioni o Paesi sarebbero ricchi se il Governo non cercasse di farli tali, usando a questo effetto dei mezzi in cose dove l’unico mezzo che convenga si è non usarne alcuno, come nel commercio ch’è più prospero quanto più è libero e men se ne impiccia il Governo” (Giacomo Leopardi).

Nel Secondo trattato sul Governo, John Locke sottolinea che lo Stato non si identifica col Governo o con la democrazia, ma è “una comunità indipendente che i latini chiamavano civitas e il cui migliore corrispettivo in inglese è commonwealth”. Angelo Panebianco nella sua introduzione al testo di Locke spiega che la visione whig sul primato della società rispetto al Governo non ha potuto attecchire facilmente nell’Europa continentale, dove si tende a privilegiare la “dottrina che difende il primato dello Stato, la subordinazione della società allo Stato”.

Dobbiamo ammettere che il modello vincente per le politiche e l’economia di mezzo mondo è la Cina del putinista Xi Jinping. Il capitalismo che va di moda non è liberale ma statalista. Del resto, già l’Italia di Romano Prodi attuava e rivendicava il ritorno al ruolo dirigista dello Stato sul mercato. Nell’Italia di Draghi il minimalista, i partiti che lo sostengono sono al 90 per cento per politiche russo-cinesi, se non turco-iraniane. Anche se i loro “programmi” sono pieni di frasi mielate e piene di oppio e stramonio, per meglio aggirare gli elettori, si tratta di versioni “democratiche” delle oligarchie moscovite o delle Orde d’Oro cinesi.

Nel disfacimento del libero mercato, farei molta attenzione al ruolo nefasto dei Comuni. Invece di essere interpreti della sussidiarietà e semplici “amministratori” del territorio per conto dei residenti, tendono a cadere in mano a feudatari che gestiscono la vita e la morte di ogni loro oggetto (noi cittadini), con modi e sistemi da gulag privi di catene visibili, con una spesa gigantesca basata sullo spreco, con sistemi di aggancio con l’economia locale degni della Corea del Nord e delle peggiori mafie.

Il segmento del lavoro di una città finisce inevitabilmente in quel gorgo: vuoi lavorare nel settore culturale? O sei “avvinto come l’edera” al partito localmente più forte, oppure puoi essere Leonardo da Vinci ma essere costretto a dormire sotto un ponte. Vuoi lavorare nel settore turistico? O sei dotato di copertura dell’assessoruncolo di turno, oppure “no way”. Hai bisogno di permessi per un’attività? O usi l’acceleratore di particelle rappresentato da un politico, oppure resterai anni e mesi sotto la macchina burocratica, condannato a restare su un treno di pendolari che va all’indietro. È un sistema quasi sempre legale e poco appariscente, che non ha più bisogno (soltanto) di tangenti per funzionare. Ciò non toglie che il risultato sia quello di una mafia più o meno massonica.

I Comuni sono parte della riduzione delle élite a massa, una massa ormai diventata muta come un sasso, da cui emergono solo quei deficienti che fluiscono liberi nel web e dintorni, perché dicono senza avere niente da dire. Sarebbe bene porre mano a una seria riforma delle Amministrazioni comunali, fondata su basi autenticamente democratiche, supportata da un organismo di controllo sulla spesa migliore di quello attuale. Se pensiamo all’efficacia del modello scoperto da Alexis de Tocqueville nel New England del XVIII secolo c’è da accasciarsi per quanto siamo andati indietro. Il sistema dell’Amministrazione pubblica fu la base della grandezza degli Stati Uniti nei secoli successivi.

La maggioranza dei Comuni americani adotta la forma di Governo council-city manager, caratterizzata da una figura di semplice rappresentanza (il mayor), da un Consiglio comunale con un numero basso di eletti, dalla figura del city manager, scelto dal consiglio e dal sindaco in funzione delle sue capacità manageriali e non della sua appartenenza politica. Il city manager gestisce la macchina amministrativa e sceglie i funzionari delegati ai diversi dipartimenti. Nelle città di grandi dimensioni il sindaco nomina un capo dell’Amministrazione (Chief administrative officer). Anche le contee possono utilizzare una forma di Governo simile.

In Italia la legge 127/97 (Bassanini bis) ha introdotto la figura facoltativa del Direttore generale, da parte di Province e Comuni superiori a 100mila abitanti. Tuttavia, il Direttore generale, pur avendo mansioni importanti, viene scelto dal sindaco, il quale detiene molto più potere del mayor americano. Per questo motivo il suo ruolo è di coadiuvante sottoposto a controllo politico. Lo ripeto: i Comuni (e la Corte dei conti) hanno un urgente bisogno di riforma.

Tocqueville e lo Stato pre-burocratico

Ne La democrazia in America, Tocqueville individua nelle comunità locali il fondamento di un corretto rapporto di Governo. Nei Comuni il popolo esercita direttamente il potere, perché “il popolo è un padrone a cui occorre obbedire fino ai limiti del possibile”. Ciò avviene perché – come nella sussidiarietà cattolico-liberale europea – “nel Comune, in cui l’azione legislativa e governativa è più vicina ai governati, il sistema rappresentativo non è ammesso. Non vi è Consiglio municipale; il corpo degli elettori, nominati i magistrati, li dirige esso stesso in tutto ciò che non è esecuzione delle leggi dello Stato”.

Una figura-chiave delle comunità locali è – secondo Tocqueville – quella dei select men. I select men utilizzati nelle società complesse attuali hanno ancora un ruolo attivo, anche se di minore rilievo rispetto al periodo precedente. Certamente, i select men funzionerebbero ancora bene in città al di sotto dei 20.000 abitanti, anche se il web – il “villaggio globale” – potrebbe renderli una figura attuale. Conta comunque quel tipo di approccio alla gestione delle politiche pubbliche.

I select men sono assimilabili ai giudici di pace importati con un ritardo di centinaia di anni in Italia, dove però sono stati fagocitati dal sistema burocratico e limitati nelle loro funzioni ancora prima ancora di nascere, anche se poi si è introdotto il correttivo del mediatore civile. La democrazia americana delle origini si basava su persone dotate di merito, buon senso e capacità, prive di titoli, laurea e concorsi. Erano però persone cui venivano demandati diritti e doveri in misura uguale.

I select men sono una sintesi tra amministratore e policy maker: “Se vogliono introdurre un qualsiasi cambiamento nell’ordine costituito, se desiderano iniziare qualche nuova impresa, devono risalire alla fonte del loro potere. Supponiamo che si tratti di creare una nuova scuola: i select men convocano in un certo giorno, in un luogo prestabilito, tutti gli elettori, espongono il bisogno che si fa sentire, fanno conoscere i mezzi di soddisfarlo, il denaro occorrente, il luogo conveniente”.

È l’Assemblea ad approvare la scelta. I select men hanno il diritto di convocare le assemblee, ma se per esempio “dieci proprietari concepiscono un nuovo progetto e vogliono sottometterlo al generale assentimento” hanno diritto di imporre la convocazione di un’assemblea, anche contro il volere dei select men.

Alto ricambio degli amministratori

“I select men vengono eletti tutti gli anni”. Si noti che anche il sistema giudiziario si basa sulle elezioni popolari, e che le elezioni politiche sono riservate a chi fa la registration, cioè accetta ogni volta di rinnovare il patto tra elettore e delegato. Merito e pagamento del servizio sono i fondamenti del sistema. Osserva Tocqueville: “Il sistema americano non dà un trattamento fisso ai funzionari. Generalmente ogni atto del loro ufficio ha una tariffa, ed essi sono remunerati in proporzione di quello che fanno”.

Il potere nella Nuova Inghilterra sale dal basso e non discende dall’alto. La distribuzione del potere non è bizantina. Se nel Comune francese vi è un “solo funzionario amministrativo, il sindaco”, nella Nuova Inghilterra ve ne sono diciannove. Ma costoro – genialmente – “non dipendono gli uni dagli altri. La legge ha avuto cura di tracciare intorno a ciascuno di essi un circolo di azione in cui sono onnipotenti [e responsabili] nel compiere il proprio dovere.” Il sistema italiano della burocrazia collettiva è stato invece efficientissimo nel rallentare il servizio offerto e annullare la responsabilità individuale.

Leggi e libertà

Tornando ai giudici di pace, costoro – trovandosi tra le persone normali e i magistrati, istruiti ma non necessariamente versati in materia legale – sono incaricati della “pulizia della società, cosa che richiede più buon senso e dirittura che scienza.” In questo modo non si mostrano “schiavi di quelle superstizioni legali che rendono i magistrati inetti a governare”. Per superstizione, Tocqueville intende la metamorfosi della legge nello strumento della tirannia diffusa di cui trattavano Franz Kafka – nei suoi libri – Stalin e Adolf Hitler nei loro governi.

Aggiornato il 17 settembre 2021 alle ore 09:26