La tendenza “religiosa” del Covid

Brevemente: gli studi sulla nascita delle religioni hanno condotto a inquadrare questi processi sociologici come una necessità umana. Infatti possiamo dire che la religione è un fatto universale, tanto che il naturalista Jean-Louis-Armand de Quatrefages de Bréau (1810-1892) definì l’uomo “un animale religioso”. I riti, le cerimonie, l’adorazione, i luoghi sacri, le reliquie, le forme immaginarie, i simboli, i dogmi, sono presenti in qualsiasi cultura e in qualsiasi popolazione. Si può affermare che dove c’è presenza umana c’è anche un Dio o degli dei, o qualcosa da adorare.

Come sappiamo le “giovani” religioni che interessano soprattutto il nostro continente (monoteiste), traggono importanti “frammenti” di ispirazione e simbolismi dalle antiche, longeve e quasi estinte tradizioni “religiose”, e poi anche l’una dall’altra. L’allucinazione di un sedicente profeta, o la menzogna di un tiranno, “o di un politicante”, potevano a volte riuscire a sedurre gli animi degli uomini o ad imporsi su di loro. Di qui il discredito in cui sono cadute le spiegazioni date in passato, sull’origine delle religioni. Oggi, nella globalizzazione più assoluta, espressioni sociali che magari secoli fa avrebbero assunto il “valore di religione”, e avrebbero sedotto le comunità, non vengono chiamate religioni. Ricordo che alla fine del Medioevo fu scritta una calunnia, anche se l’origine potrebbe risalire ad Abu Tahir (906-944), in cui Mosè, Gesù e Maometto erano chiamati “i tre impostori”.

Detto questo, il condizionamento comunicativo, “propinato” con modalità “pseudo-religiose”, ed esercitato con l’utilizzo di elementi che influenzano la società, è stato, nella Storia, utilizzato sia da dittatori che da politici. Ad esempio, una martellante “propaganda” pregna di vessilli, slogan, “battute”, ed oggi l’informazione, o meglio la disinformazione, conducono la società, più o meno sub-inconsciamente, verso una percezione “dottrinale” di quando viene divulgato, ma anche, tramite un orientamento plagiante, verso un passivo senso di “appartenenza” alla collettività. È infatti l’indottrinamento, che se ben “somministrato”, porta la società a percepire le informazioni e le modalità comportamentali ad esse legate, come una “Dottrina”. Così, pare, che quello che oggi si sta sviluppando intorno alla “questione Covid”, a livello sociologico, stia assumendo quasi la connotazione di una pseudo-religione. I simboli di appartenenza sono ormai identificati, ostentati anche in modo illogico (non scientifico), e soprattutto da molti condivisi; il green pass e la mascherina, sono i simboli principali della “Covid-religione” che, purtroppo, divide i “credenti” dai “non credenti”, ma soprattutto è la “Dottrina” che fa la differenza.

Infatti in molti contesti i dialoghi sono monotematici sul Covid, e su tutto ciò ad esso legato: la morte per chi non accetta il siero, ma anche, dall’altro lato, la morte per chi lo accetta. Una divisione tra “credenti” e non “credenti”, tra osservanti e infedeli, che favorisce il “dominus”, come sempre. Resta il libero cittadino che si accosta alla “religione del Covid” dall’esterno, senza un impegno della propria “coscienza”, e come un puro filosofo, con l’indipendenza d’animo necessaria alla “lettura logica”, con audacia e critica e con lo scopo di Sapere. In sostanza, ricollocandomi sui “tiranni” e pseudo politici, è noto che la loro forza si basa sulla divisione del popolo, e finché il popolo cadrà in questo vecchio e banale tranello sociologico, ricordando Luigi XI al quale, con svariati dubbi, viene attribuita la frase, Dīvĭdĕ et ĭmpĕrā “dividi e comanda”, i “tiranni” continueranno a “tiranneggiare”, ed il popolo magari resterà in attesa di un “profeta” che indichi la “retta Via”, magari senza troppi dogmi.

Aggiornato il 17 settembre 2021 alle ore 11:02