Attenzione a non confondere la piazza gremita con gli squadristi

È vero, la rabbia in piazza c’era e non va sottovalutata: le motivazioni sono tante e analizzarle è un obbligo della politica, una necessità per gli analisti, un compito degli psicologi. La premessa è che il rapporto fra le classi dirigenti e un pezzo di popolo si è guastato da tempo e il sabato nero a Roma è una forma di espressione collettiva di questa rottura nella quale anche noi siamo tentati di aggiungervi l’impressionante quantità delle astensioni nelle ultime elezioni.

In un tale contesto, peraltro prevedibile, l’imprevedibilità è stata nell’assalto devastante della Cgil e del pronto soccorso del Policlinico Umberto I con slanci e tecniche squadriste su cui indaga la magistratura e si pronuncia la politica con varie proposte, innanzitutto lo scioglimento di Forza Nuova e la conseguente se non automatica messa in stato d’accusa di Giorgia Meloni, un’operazione questa politicamente inaccettabile e anticostituzionale, oltre al fatto che Forza Nuova sabato scorso, ma non solo, ha danneggiato seriamente Fratelli d’Italia.

Certo, l’attacco squadristico è condannabile senza se e senza ma, tenendo presente altresì che soprattutto la dirigenza di Forza Nuova ha le sue gravi responsabilità che, tuttavia, non possono e non devono attenere alla violenza perché si farebbe un grave torto alle migliaia di presenti di famiglie, di giovani disoccupati, di mamme coi bambini in una piazza che, appunto, non va assolutamente criminalizzata. Manifestavano contro il Green pass in modo pacifico anche se, per molti di noi, devono essere mossi da idee sballate. La libertà consiste proprio nella libertà di pensiero.

Ma anche a sinistra non pochi la pensano come molti che affollavano la piazza e nel mondo del lavoro i “no Green pass” ci sono, eccome. L’altro giorno, infatti, davanti alla Camera del Lavoro di Milano li abbiamo uditi urlare “Landini, Landini, vaffa…”, “siete servi dei padroni!”, “venduti, venduti!”. Il che basterebbe a convincere quei molti della nostrana gauche, Enrico Letta compreso, che non è tanto questione di fascismo/antifascismo ma di “conflitto nei luoghi di lavoro tra sigle sindacali confederate e di base”. E l’immagine più significativa, più emblematica, stava in quel conflitto, sui gradini della Camera del Lavoro fra il servizio d’ordine della Cgil e i militanti dei Cobas. Insomma, fra garantiti e non garantiti. In un certo senso fra poveri e ricchi.

A ben vedere è la paura che accende la miccia della rivolta e, dunque, non soltanto fanatici ed estremisti. C’è una zona grigia di persone spaventate – come sottolineano quelli del Censis – mentre in una parte dell’umore nazionale vi sono ondate di irrazionalità come l’attuale prodotta dalla fase pandemica che esalta chi rifiuta un approccio razionale alla realtà, mettendo in discussione le regole e il potere politico. Diverso ovviamente è il giudizio, appunto inappellabile, sugli squadristi all’opera ma anche per costoro, per il loro mondo, occorrerebbe un minimo di richiami storici non disgiunti da valutazioni meno superficiali. È un mondo dove si insinuano altri estremismi non tutti di estrema destra ma all’opposto, di estrema sinistra, sui quali la pressione dei Cobas non è affatto estranea, oltre alla partecipazione del Partito Comunista che ritiene la parola riformismo una bestemmia, nonché altri estremismi.

Del resto, e guardando agli anni Settanta, la violenza era per dir così di casa in un Paese come il nostro attraversato da conflitti e tensioni in cui maturò la ferocia che uccise, per responsabilità di Lotta Continua, il commissario Luigi Calabresi. E se pure l’estrema destra ebbe a che fare con il famigerato Pierluigi Concutelli le pagine sono piene di violenze di sinistra che sono entrate nella nostra storia, anche allora, in nome dell’antifascismo contro il fascismo.

Aggiornato il 14 ottobre 2021 alle ore 09:16