Salvini e quell’audio birichino

sabato 23 ottobre 2021


Il “tout va très bien madame la marquise” è un frequente inno all’ottimismo cioè alla unità, alla stabilità interna dei partiti o meglio, una speranza. Del resto, l’unità è sempre auspicata anche quando c’è ed è visibile, tangibile, palpabile. Ma, sempre e comunque, evocabile. Così è e sarà, così è nel centrodestra ma con una variante: che l’unità deve essere moltiplicata per tre (e lasciamo perdere le rimanenti) e la sua compiutezza è assai complicata da raggiungere, cosicché a ogni stormir di fronda sopraggiungono le amare constatazioni delle divisioni in agguato. E nonostante il ricompattamento appena raggiunto grazie, come nel caso che ci riguarda, a un redivivo Silvio Berlusconi e ai suoi pranzi a tre, trasferiti da Arcore a Villa Grande.

L’origine, lo spunto, l’occasione delle frizioni è dovuta al caso, cioè a un audio riservato nel quale il leader leghista attacca Giorgia Meloni (“stia all’opposizione ma non ci dia fastidio”) e accusa FdI (“vuole metterci in difficoltà”). Ma poi fa marcia indietro – “con Gorgia ridiamo” – e approfitta per un affondo su Giancarlo Giorgetti per l’intervista a La Stampa: “È un problema quando un alto dirigente critica i nostri candidati”. Galeotto fu l’audio e chi l’ha fatto.

Le ragioni di queste scosse interne sono diverse ma una sembra prevalere ed è la competizione per Palazzo Chigi, una gara che è destinata ad alimentare la rivalità fra i due sovranisti, nonostante gli sforzi di Berlusconi di tenere insieme un centrodestra alla vigilia della elezione per il Quirinale che sta nel cuore di Silvio. Il quale, nel suo darsi un gran daffare per l’unità di Giorgia e Matteo, ha dimenticato quella nel proprio movimento laddove due ministri, Renato Brunetta e Mariastella Gelmini, con altri parlamentari sono la nuova fronda in Forza Italia, denunciando il malcontento diffuso dei centristi per la gestione del partito, a cominciare dalla scelta del capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, imposto senza ascoltare le obiezioni come del resto era, è e sarà nello stile del Cavaliere, la cui reazione è apparsa seccata (“dove credono di andare?”) ma con l’intima preoccupazione che, prima o poi, nasca in Forza Italia la loro corrente. Un nuovo, inaspettato problema a pochi mesi dalla elezione del nuovo presidente della Repubblica.

Il vero interesse di Matteo Salvini scavalca le questioni di questi giorni (Il Foglio) puntando alle politiche ma ammette la sconfitta (“con ignominia nelle grandi città”) dovuta anche ai litigi con Giorgia Meloni e tranquillizza, comunque, Mario Draghi il cui Governo andrà avanti, mentre ogni settimana i tre del centrodestra si incontreranno anche per evitare il dannoso procedere in ordine sparso di un centrodestra doppio: uno al Governo e uno all’opposizione. È tanto concentrato e teso verso la data fatidica del 2023 da rivolgere a quella Milano, metti di un Marco Formentini che portò la Lega di Umberto Bossi ai massimi storici ora ridotti al lumicino, uno sbrigativo “con tutto l’affetto che ho per Milano, il mio obiettivo sono le politiche”. Appunto.

Ma come si dice nella città ambrosiana a proposito dei “varesotti” come Salvini, chi el volta el cùu a Milan, il volta al pan.


di Paolo Pillitteri