Il fascino della Democrazia illiberale

martedì 2 novembre 2021


Il concetto di Democrazia non è stato mai univocamente visto e interpretato. Durante il XX secolo la Democrazia è stata idealizzata come una modalità di Governo relativamente rara, disomogeneamente praticabile e goduta solo da “ordinamenti eletti”. È stata anche considerata, in modo miope, una forma politica universalmente accessibile e quindi esportabile. L’esempio più lampante di questa illusoria concezione ideologica è il pervasivo eurocentrismo che fa della democrazia l’approdo naturale di ogni evoluzione politica e sociale, e valuta i percorsi politici delle Nazioni secondo la loro adeguatezza a una curva ideale che porta al raggiungimento dello standard democratico. Tuttavia, questa costruzione “filosofica” del “pensiero liberal-democratico” si sta dimostrando fragile nelle fondamenta. L’organizzazione non governativa Freedom House, con sede a Washington e finanziata dagli Stati Uniti, studia la “salute” della democrazia nel Pianeta.

L’ultimo rapporto del marzo 2021 rivela una crescente erosione della democrazia nel Mondo, ben percepibile anche in Italia. Può essere un dato allarmante? Significativo è che c’è un declino della democrazia per il quindicesimo anno consecutivo, dimostrato dal numero record di settantatré Paesi che hanno registrato una forte flessione. Freedom House, anche a settembre, ha confermato un dato, riferito a Internet, che registra una carenza nella libertà di esposizione delle “voci” sulla piattaforma, una tendenza al ribasso che risulta iniziata già dal 2010. In questo “rapporto” la Cina, per il settimo anno consecutivo, è in vetta a questo primato di censura on-line e Internet. Ora le tre teorie dominanti (democrazia liberale, comunismo e fascismo) che durante il XX secolo hanno trasformato Stati, istituzioni, comunità e persone, si trovano inglobate in un “calderone concettuale” che ha miscelato aspetti estremi di dette “dottrine” in un “impasto ideologico” del quale oggi si fa fatica a definirne le differenze originarie.

In questa “fase terminale” del nostro “ciclo sociologico”, notiamo con quale estrema facilità si possano applicare atteggiamenti autoritari senza che la società tutta se ne accorga e che comunque vengono accettati passivamente. La “viralità autocratica” segnalata anche dal V-Dem Institute, osservatorio legato all’Università di Göteborg, in Svezia, finanziato dalla onnipresente Banca Mondiale, non riguarda solo le democrazie più giovani, come quelle in crisi del Myanmar (Birmania), che è un esempio violento, ma anche Paesi inseriti nel “gruppetto dei 27”. Inoltre, questa ondata autoritaria scuote anche nazioni ancora forti di una lunga tradizione di democrazia rappresentativa e pluralismo politico come l’India, classificata dai V-Dem nella categoria delle “autocrazie elettorali”, a causa delle “modalità governative” del primo ministro Narendra Modi, o Hong Kong, reclinata senza tante cerimonie da Pechino. Il 1989 segnò il trionfo dei valori della democrazia liberale. Lo Stato di diritto, come una “nuova lingua franca”, stava emergendo come un principio fondamentale delle organizzazioni internazionali, alla ricerca di una nuova identità e di un nuovo modello organizzativo. Desiderose di porre fine a cinque decenni di comunismo, le nuove élite politiche nei Paesi dell’Europa centrale e orientale hanno costruito il loro ritorno in Europa, la loro integrazione nell’economia mondiale e l’adesione all’Unione europea come progetto nazionale, usufruendo di un incrollabile sostegno politico e sociale.

Tuttavia, come la fine di un ciclo e come “prassi storica”, da oltre un decennio stanno riaffiorando idee anti-liberali. Queste sono rappresentate da una serie di movimenti politici che vincono le elezioni con programmi che propongono una nuova concezione del potere, una nuova visione della società, rifiutando il pluralismo, il multiculturalismo e sostenendo forme di nazionalismo economico, senza però rompere con il neo-liberismo e contestando la legittimità delle organizzazioni internazionali e dell’Unione europea in nome della sovranità e di una concezione maggioritaria della democrazia, ostentata ovviamente come espressione della volontà popolare. Tutto ciò è forse la ricerca di una legittimazione della costruzione di un Nuovo ordine politico o mondiale?

La cosa più inquietante è che la soft, o subdola, deriva autoritaria, ormai presente nelle “democrazie scontate”, supportata dall’enorme potere mediatico, è recepita dalla massa in modo passivo e con cieca ubbidienza: poche critiche, poche riflessioni, poche considerazioni, il popolo non “vede” l’autoritarismo, anzi sembra affascinato dalle imposizioni illogiche e palesemente liberticide. La Democrazia non è scontata, e non è un processo irreversibile; come non è improbabile che le “democrazie scontate” si trasformino in “democrazie illiberali” nel migliore dei casi.


di Fabio Marco Fabbri