Papa Francesco sbaglia bersaglio, come al solito

martedì 7 dicembre 2021


Il viaggio di Papa Francesco a Cipro e in Grecia è giunto al termine, ma conviene fermarsi un attimo, ancor prima del ritorno in Vaticano di Jorge Mario Bergoglio, per fare qualche riflessione su quanto dichiarato dal Pontefice, soprattutto durante le sue visite ad Atene e nel campo profughi e richiedenti asilo dell’isola greca di Lesbo. Le esternazioni del capo della Chiesa cattolica si ripetono, ovunque egli si trovi nel mondo, sempre uguali a loro stesse e non generano più alcuna sorpresa. Chi è libero e ragiona con la propria testa, essendo magari un cattolico convinto della propria fede, ma un po’ meno credente nei confronti delle vicende terrene del clero, ha ormai compreso come “il Papa venuto dalla fine del mondo” persegua con costanza un’agenda che è più politica e terrena che religiosa e spirituale.

Il Pontefice argentino si rivela molto attento nell’abbracciare unicamente quei temi che sono cari a una certa visione del pianeta radical-chic e progressista, interpretata dalle varie sinistre occidentali e latinoamericane, offrendo una chiave di lettura del tutto partigiana. Il Cristianesimo è universale e tutti gli esponenti della Chiesa, dal Santo Padre fino all’ultimo parroco di periferia, dovrebbero sforzarsi a mantenerlo tale, ma il primo a essere di fatto settario e divisivo è proprio la massima espressione del Cattolicesimo perché, per esempio, non tutti i cattolici vogliono flussi migratori senza regole e limiti. Così come non tutti i fedeli credono alla vulgata dell’ambientalismo ideologico e allo spauracchio dei cosiddetti nazionalismi e populismi.

Tanto per citare le principali questioni che stanno a cuore a Papa Francesco, da lui affrontate con un approccio di parte e inevitabilmente non condiviso da tutte le sorelle e i fratelli. Quella di Bergoglio sembra quasi una riverniciatura della nefasta teologia della liberazione, concretizzata negli anni Settanta-Ottanta in America Latina da una parte della Chiesa che ha preferito solidarizzare con i guerriglieri marxisti. I credenti e i praticanti vogliono parole di conforto e di speranza sulla dimensione spirituale dell’umanità, magari sul legame fra il presente terreno e tutti i nostri comportamenti e ciò che ci aspetta dopo la morte del nostro corpo in carne ed ossa, e quando intendono occuparsi, diciamo così, di politica spicciola preferiscono ascoltare il verbo di altre figure. Ma il Papa offre loro soltanto piccole e ultraterrene battaglie politiche, di volta in volta contro, per esempio, Matteo Salvini oppure Donald Trump e Viktor Mihály Orbán, pur senza mai nominarli ovviamente.

La misericordia cristiana, questo è chiaro, deve andare incontro prima agli ultimi e non certo ai milionari del pianeta, ma non è misericordioso e tantomeno cristiano usare i diseredati a fini politici e strumentali, e se si vuole davvero essere al fianco della disperazione senz’altro esistente nel Continente africano e non solo, occorre anche denunciare in tutti i modi e i luoghi possibili i trafficanti di uomini che lucrano su coloro i quali sono disposti a rischiare la vita pur di emigrare. Peccato che gli anatemi di Bergoglio vadano sempre in una direzione sola e non raggiungano mai questi criminali. E spiace, inoltre, che il Papa non veda quel Cristianesimo di frontiera mantenuto nobilmente in piedi da sacerdoti minacciati e sequestrati dal terrorismo islamico, come accade nella Nigeria flagellata dagli integralisti di Boko Haram.

Papa Francesco è ormai prevedibile, ma non è tempo perso cercare di contraddire le sue discutibili affermazioni. Ad Atene ha parlato di arretramento della democrazia e lì per lì qualcuno, leggendo i titoli delle agenzie, può avere pensato che il Pontefice si riferisse, trovandosi nella città che per prima, nella storia dell’umanità, ha dato vita a un sistema politico democratico, a questi ultimi due anni di pandemia che hanno visto, checché se ne pensi, una marcata limitazione dei diritti individuali. Macché, la democrazia arretrerebbe, secondo il parere di Jorge Mario Bergoglio, a causa dei nazionalismi e dei populismi, che evidentemente sono un suo chiodo fisso visto che a Lesbo è tornato a parlare con vigore su questi argomenti. Pertanto, criticare le distorsioni della Unione europea, come fanno i Governi ungherese e polacco, peraltro eletti democraticamente, oppure chiedere che l’immigrazione sia soggetta a regole e venga sottratta ai mercanti di morte, equivale per il Papa a compromettere la democrazia. Bisognerebbe intendersi sul significato di nazionalismo e populismo, ma si sa, tanto all’attuale Vescovo di Roma quanto ai media mainstream e al pensiero globale radical-chic piace un sacco gettare di tutto e di più in un solo calderone (c’è il calderone sovranista-nazionalista-populista, quello dei no-vax ed altro ancora).

Stando tuttavia al gioco e alla guerra di parole di lor signori, notiamo come i Governi cosiddetti nazional-populisti, tipo quelli di Donald Trump e del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, abbiano rispettato, durante la lotta al Covid, i diritti e le libertà individuali molto di più rispetto agli esecutivi politicamente corretti. Ricordiamo infine la salita al potere da parte di Trump, Bolsonaro, Orbán e altri, avvenuta tramite libere elezioni e non attraverso putsch militari.


di Roberto Penna