Con l’antipolitica non si va da nessuna parte

lunedì 17 gennaio 2022


C’era una volta l’antipolitica. E c’è ancora. Anche se lo hanno capito ormai tutti, all’infuori dei suoi adepti, gli specialisti dell’uno uguale a uno, che con l’antipolitica non si va da nessuna parte. Peggio: scambiando lucciole per lanterne si finisce fuori strada. E le sbandate del Movimento Cinque Stelle continuano.

L’ennesima prova ci è confermata dalle riunioni del M5S condotte da un paziente Giuseppe Conte (si sa, è uno che conosce i suoi polli) alla ricerca del nome per il successore di Sergio Mattarella. Fino a questo momento silenzio di tomba. Per la verità, una decina di giorni fa i senatori pentastellati hanno chiesto in una riunione di sostenere la candidatura, per un bis al Colle, di Sergio Mattarella et pour cause dal momento che tutti sanno che non ne vuol sapere assolutamente. Qualche giorno dopo, questa posizione è stata duramente criticata, cioè respinta, dai vertici del M5S, rinviando a dopo il tema, “per non tirare il Presidente della Repubblica per la giacchetta” e ridando mandato a Conte per il da farsi. Che è molto, se non tutto e dagli inizi, con l’obiettivo di tenere unito e compatto il M5S. Un’operazione che una voce dal sen sfuggita dentro i pentastellati ha definito non solo disperata, ma inutile. All’infuori che per il paziente Conte, in attesa di conferma del mandato pieno per trattare con gli altri partiti.

Ma le cose si sono di nuovo complicate nella riunione dei deputati pentastellati che si sono divisi pro e contro Conte, aggiungendo altri componenti fra cui il consigliere regionale della Lombardia che ha “rubato” il posto concordato con il Partito Democratico. E siamo così giunti alla riunione più attesa, per così più importante, con i “grandi elettori”, una definizione tanto pomposa quanto ridicola in un M5S che spera di salvarsi all’ombra dei paroloni senza conoscerne origini e significato.

“Come prima più di prima”: così, sulle note di un’antica canzone, l’assemblea pentastellata si è trascinata per ore e ore, con l’unico risultato positivo della conferma del mandato a Conte dopo uno scontro all’arma bianca fra contiani e anticontiani. Addio, quindi, ai sogni di unità e di compattezza in vista dell’elezione quirinalizia ma, semmai, il nuovo aumento di spaccature interne confermate proprio da un parlamentare pentastellato secondo il quale su oltre 230 grandi elettori sono previsti non meno di 70 defezioni. Vale a dire un terzo dei parlamentari pentastellati che per un’insondabile volontà degli italiani sono stati eletti primo partito di questo Parlamento. Era l’antipolitica al lavoro, con i suoi slogan populisti, gli insulti agli avversari, le promesse fantasmagoriche, la condanna a tutti i partiti e, ovviamente, al grido “pacta sunt servanda!”.

E ci fu, non meno fantasmagorico, il premio a un movimento che ben presto, per ignoranza, incapacità e arroganza, ha cominciato a sprecarlo tradendo clamorosamente il solenne patto che solo con la politica, e il suo rispetto, si è in grado di rispettare. Altro che antipolitica.


di Paolo Pillitteri