Alcuni giorni fa ho seguito con interesse un film francese “L’ufficiale e la spia” prodotto anche da Luca Barbareschi e diretto da Roman Polanski, che trattava “l’affaire Dreyfus”. Il fatto storico, a me noto e approfondito in varie occasioni, “riletto” in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, mi ha sollecitato riflessioni fino a oggi non esplorate. Tali valutazioni mi hanno rafforzato l’opinione che ogni avvenimento storico possa svelare più “orizzonti”, in un’ottica di “relativismo interpretativo” condizionato dalla contemporaneità degli accadimenti, cioè dal momento in cui viene letto o analizzato.

Ricordo più brevemente possibile i fatti: “l’affaire Dreyfus” fu un grave scandalo francese che coinvolse la Terza Repubblica e che scosse e divise quella società per oltre un decennio. Squarciò in profondità la Francia, toccando aspetti militari, religiosi, sociali e politici. L’episodio si verificò tra il 1894 e il 1906, con la conseguente creazione di due schieramenti: i Dreyfusard e gli anti-Dreyfusard. Alfred Dreyfus (1859-1935) era un ufficiale francese di fede ebraica, di origine alsaziana e massone, e fu la principale e iniziale vittima di questo caso giudiziario cruciale per Terza Repubblica a causa delle conseguenze lasciate dopo la conclusione “dell’Affaire”. Il contesto del periodo dell’affaire Dreyfus era particolarmente delicato a livello politico, in quanto l’Alsazia era stata fagocitata dall’Impero germanico dopo la guerra franco-prussiana del 1870-71.

Il capitano Dreyfus fu accusato di azioni di spionaggio a favore della Germania e quindi di alto tradimento. Ma nonostante si dichiarò sempre innocente e in verità lo era, la Corte marziale francese lo condannò. In una plateale passerella davanti a quattromila soldati e ventimila cittadini che gridavano “traditore”, il capitano Dreyfus, il 5 gennaio del 1895, nel cortile principale della scuola militare di Parigi, fu spogliato dei gradi da ufficiale. La condanna fu clamorosa, dopo un processo militare che divise profondamente i francesi: gli fu comminato l’ergastolo da scontare in una colonia penale sull’Isola del Diavolo nella Guyana francese. Dopo alcuni processi e dopo dodici anni che separarono l’opinione pubblica e fecero assurgere “l’Affaire” a una dimensione internazionale, lo scandalo, il più grande della fine del XIX secolo e uno dei peggiori scandali della Repubblica, vide la fine.

La battaglia per la Verità fu durissima; il vero colpevole, il maggiore Ferdinad Walsin Esterhazy, inciampò sulla “strada della Verità” solo nel 1896. Il colonnello Georges Picquart, membro dei servizi segreti, nonostante non fosse filo-ebraico, anzi tendenzialmente antisemita, scoprì l’innocenza di Dreyfus, e nel marzo del 1996 ebbe conferma che l’autore del “bordereau”, ovvero del documento che accertava la colpevolezza di Dreyfus, era Esterhazy. Tuttavia, Picquart si scontrò contro la Menzogna alimentata e mantenuta dallo Stato Maggiore dell’esercito, per primo il suo superiore il generale Charles-Arthur Gonse, che consigliò al colonnello di ignorare la Verità e starsene di quanto il processo aveva già sentenziato, e una parte dell’opinione pubblica ormai credeva e la stampa divulgava. È a questo punto che il colonnello Picquart decide di raccontare ad altre persone la sua scoperta, ma, per tenerlo lontano dalla stampa parigina, viene in fretta trasferito in Nord Africa. Il mondo ebraico e la famiglia Dreyfus, aiutarono Picquart a contattare il vicepresidente del Senato Auguste Scheurer-Kestner e il politico Joseph Reinach. Non indugiando sui dettagli della questione, la svolta si ebbe quando entrò in gioco Emile Zola che il 13 gennaio 1898, pubblicò il suo testo-manifesto “J’accuse... !”, sulla prima pagina del quotidiano L’Aurore, diretto da un certo George Clémenceau, diffondendo “l’affaire Dreyfus” all’'opinione pubblica. “J’accuse…” e diretto, sotto forma di lettera aperta, al Presidente della Repubblica; qui attacca lo Stato Maggiore per aver condannato l’innocente Dreyfus e assolto il colpevole Esterhazy, chiedendo la riapertura del processo. Esterhazy i primi di agosto dello stesso anno ammetterà la colpevolezza e il 30 agosto si suiciderà (come usanza comune anche oggi!). Émile Zola sarà processato per diffamazione e portato davanti alla Corte d’Assise, e il 23 febbraio 1898, verrà condannato ad un anno di reclusione, alla multa di 3mila franchi con la cancellazione dall’ordinanza della Legion d’onore.

In questo contesto si mescolarono l’errore giudiziario, l’antisemitismo e la negazione della giustizia. Ma, documenti falsificati, interessi e cospirazione, rivelarono la debolezza della Terza Repubblica. I due campi d’opinione furono occupati dai Dreyfusard (sostenitori di Dreyfus) posizionati a fianco della Verità dove spiccavano massoni, intellettuali antimilitaristi, repubblicani, sinistra radicale e socialista e pacifisti; dall’atra parte gli anti-Dreyfusard con i nostalgici della monarchia, la Lega dei Patrioti, i dogmatici dell’onore dell’esercito, alcuni cattolici tradizionalisti e gli antisemiti.

Nel 1904 altre prove scagionarono Dreyfus, ma solo nel 1906 in un processo celebrato davanti alla Corte di Cassazione fu riconosciuto innocente e fu reintegrato nell’esercito con il grado di comandante e decorato con la Legion d’Onore, mentre il colonnello Georges Picquart divenne generale e ministro della Guerra. Ma quali furono gli effetti di questa menzogna scoperta? L’affare Dreyfus ebbe notevoli conseguenze sulla vita politica francese. Innanzitutto i repubblicani, che in quella occasione crearono il “Bloc des gauches”, prevalsero alle elezioni sui filo-monarchici che erano supportati da una parte della Chiesa cattolica; i socialisti francesi furono integrati nella vita politica del Paese, mentre in precedentemente erano stati tenuti ai margini dall’azione del Governo. Inoltre, l’influenza della Chiesa cattolica nella vita politica fu ridimensionata attraverso la lotta dei repubblicani contro le congregazioni religiose cattoliche che avevano rappresentato il sostegno degli anti-Dreyfusard. Infatti, la legge che sancisce la divisione tra Stato e Chiesa fu approvata proprio dal “Bloc des gauches” nel 1905, pietra angolare del secolarismo in Francia. Anche se i nazionalisti e agli antisemiti si unirono per respingere la corrente democratica e il repubblicanesimo, l’esercito con la maggior parte degli ufficiali che erano monarchici, divenne il grande perdente e l’antimilitarismo dilagò, i servizi di intelligence furono smantellati, il prestigio dei militari molto ridimensionato e il servizio militare ridotto a due anni.

Oggi cosa trarre da questa rilettura contestualizzata di una menzogna statale che ha coinvolto la Terza Repubblica francese e che ha spaccato la Nazione tra pro Dreyfus e contro Dreyfus, come tra No vax e Sì vax? Cosa trarre dall’operazione di Emile Zola che ha avuto la forza di aprire un varco nella menzogna a favore della Verità? Cosa trarre dalle conseguenze causate dalla rivelazione della Verità sulla politica, che portò allo sdoganamento del socialismo di Governo, ma anche sull’assetto futuro dell’organizzazione statale della Francia? Come interpretare la nascita del forte secolarismo francese generato dalle ceneri dell’Affaire Dreyfus? Cosa apprendere dalle caratteristiche politiche e dalle alleanze scaturite da questa situazione? Ma soprattutto come interpretare il “tempo determinato” che generalmente caratterizza la menzogna?

Oggi non siamo nella Terza Repubblica francese, siamo in una Repubblica non ben identificata, non abbiamo uno scrittore giornalista francese come Emile Zola che lancia un “J’accuse… !” alla gerarchia militare e suoi complici, ma abbiamo un altro francese Premio Nobel per la Medicina, Luc Montagnier, virologo che il suo “J’accuse… !” lo sta lanciando, non alla gerarchia militare, ma a un sistema articolato che mantiene una posizione nonostante le tante e crescenti contraddizioni.

Aggiornato il 20 gennaio 2022 alle ore 11:27