Il caso Conte: inesperienza o c’è dell’altro?

giovedì 21 aprile 2022


È probabile che il caso (vedremo quale) finisca in un cestino o in archivio, più prima che poi. Ma non è meno probabile che in presenza di un tipo come Matteo Renzi, il caso – finora avvolto da silenzi – cresca. E non solo di tono. In breve: si tratta di un episodio di qualche anno fa, durante la campagna elettorale di Donald Trump, quando l’ex segretario alla Giustizia statunitense, William Barr, venne in Italia allora governata da Giuseppe Conte. E fin qui tutto normale.

La visita, tuttavia, non era per un semplice scambio di saluti e di cordialità fra alleati. Era l’agosto del 2019 e al presidente Usa i suoi 007 avevano insinuato che l’Italia fosse al centro di un complotto, il Russiagate, intentato contro di lui tre anni prima, quando a Palazzo Chigi sedeva Matteo Renzi. Trump aveva chiesto e ottenuto la collaborazione di Conte, il quale agevolò incontri ai diversi livelli con l’inviato presidenziale americano che, tra gli altri, ebbe addirittura una cena con Gennaro Vecchione al vertice dei nostri Servizi segreti. Lo scopo era quello di indagare e scoprire i retroscena riferiti a Renzi artefice, sospettava Trump, di manovre complottistiche con alle spalle il Cremlino (Russiagate). Da ciò contro Conte l’accusa renziana di avere indagato su di lui, suo predecessore, con l’aiuto determinante di un Paese straniero e, in questo senso, ha preteso chiarezza. Per ora.

Il contesto non è dei più limpidi e non a caso ci sono di mezzo quei secret service che da sempre, non soltanto nei film, sono i primi protagonisti di simili vicende. La storia, a questo punto, avrebbe potuto imboccare la cosiddetta strada in discesa se Conte, proprio lui, non avesse giurato e spergiurato (come gli capita spesso in occasioni del genere) di non aver avuto nulla a che fare con quel Barr, di non aver preso parte a incontri né a cene conviviali meno che meno in un locale a due passi dalla sua residenza: “Circostanza di cui non ero specificamente a conoscenza, una cena immagino motivata dalla cortesia istituzionale, piuttosto che dalla necessità di avere uno scambio riservato di informazioni riservate”.

Naturalmente le ire di Renzi sono salite di tono ma la questione sarà sviscerata più avanti in sedi meno infiammate. Il fatto è che, al di là delle recriminazioni di Renzi, il comportamento di Conte non è dei più lineari, a meno che, come obietta qualcuno, non sia soggetto a frequenti vuoti di memoria anche su questioni delicate e della massima importanza come questa. Altri, invece, parlano di inesperienza. Ma è realistisco, come osserva qualcuno, che Conte, il presidente del Consiglio in carica, con la delega ai Servizi segreti, non venisse informato di una cena fra Barr e Vecchione avvenuta la sera dello stesso giorno in cui era avvenuto l’incontro – con la delegazione americana – autorizzato dallo stesso Conte?


di Paolo Pillitteri