Il potere infinito di Putin

domenica 24 aprile 2022


Nel 1993, dopo lo scioglimento dell’Urss, un referendum ha adottato la Costituzione della Federazione russa. La Costituzione russa è stata modificata molte volte, ma la revisione più significativa è stata prodotta durante il 2020. L’operazione più importante che Vladimir Putin ha effettuato sulla Costituzione è stata la sua personalizzazione in funzione del “suo progetto”. Ciò gli ha consentito la costituzionalizzazione del proprio programma politico, o meglio l’inserimento del suo piano all’interno della Costituzione. Così il progetto politico putiniano ha accoppiato la Costituzione con le sue idee di controllo e gestione della società e della politica, trovando, oggi, un tragico riscontro nella cronaca. Tuttavia qualche crepa in questo progetto politico inserito nel quadro costituzionale si nota, mostrando indubbiamente un “potere costituzionale funzionale”, ma anche una “impotenza intermittente”.

Sulla linea della ricerca di una stabilità governativa, il 10 marzo la Duma, la Camera bassa del Parlamento russo, ha adottato, con modalità semplice ed accelerata, con 380 voti su 450, quell’emendamento costituzionale che autorizza il capo dello Stato, Putin appunto, a chiedere due nuovi mandati alla fine di quello attuale, che scade, ammesso che ci arrivi, nel 2024. La riforma costituzionale dovrà essere convalidata dalla Corte costituzionale a breve, successivamente è prevista una consultazione popolare che dovrebbe suggellarne l’approvazione. Putin non dubita di fallire, tira i fili di tutti i sistemi che influiscono su queste “procedure”, e in questo particolare momento ha disinnescato ogni tipo di resistenza, decimando anche ogni possibile o sospetto oppositore. Senza dubbio Putin ha le caratteristiche per passare alla Storia; sicuramente ci passerà per essere l’autore di una guerra che non porterà giovamento alla Russia, anche dovesse acquisire i territori occupati, a tempo determinato, ma potrebbe passarci anche in caso l’operazione del raddoppio dei mandati si concluderà positivamente. Infatti, se riuscirà nell’intento, potrebbe superare Joseph Stalin come lunghezza del mandato alla guida della Russia e potrebbe superare Leonid Breznev come longevità al potere, toccando gli 84 anni. Non supererà però Fidel Castro, rimasto al governo di Cuba per quarantanove anni.

Ma quanti sono gli articoli della Costituzione russa modificati dal 2020? Ad oggi sono oltre quaranta; tra i più radicali possiamo annoverare l’articolo 67, una “new entry” che fa riferimento alla “continuità nello sviluppo dello Stato russo” e ”riconosce l’unità statale storicamente stabilita”, un riferimento chiaro alla struttura della Federazione russa. Il valore di questo nuovo articolo 67 è la conferma dell’utilizzo dei poteri della Costituzione per “legittimare” i programmi politici e geopolitici di Putin. Infatti il dettato dell’articolo costituzionale è richiamato esplicitamente in un articolo giornalistico, scritto da Putin e pubblicato sul sito del Cremlino il 12 luglio 2021, ribadito nel discorso del 21 febbraio 2022, trattante l’unità storica di russi e ucraini, dove legittima il riconoscimento delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhans’k. Ma l’articolo 67 va oltre, infatti rafforza il dovere di divulgare la verità storica, riferito al ruolo che la Russia deve garantire proprio “la difesa della verità storica”. Prosegue l’articolo 67 che “non è ammessa la negazione del significato dell’eroismo del popolo nella difesa della patria”. Concetti che letti oggi sanno di un funesto presagio. Ma sappiamo bene cosa significa “memoria”, e quanto sia pericolosa, e lo sa bene anche Putin, così proprio con una costruzione costituzionale di cosa deve essere ricordato, diventando “costituzionalmente vero”, la Corte Suprema russa ha cancellato, a fine 2021, l’associazione “Memorial”, fondata a gennaio del 1989 dall’ex dissidente sovietico Andrei Sakharov, premio Nobel per la Pace. L’ennesima pugnalata alla Verità e al popolo russo. Vladimir Putin ha voluto sopprimere l’associazione Memorial perché “teca” dei ricordi stalinisti e accusata di aver violato le leggi sugli “agenti stranieri”; una oppressione esercitata sulle organizzazioni della società civile. Il “Memoriale” ostacolava la volontà di Putin di voler recuperare la “moralità” del regime sovietico, soprattutto nella sua forte impronta stalinista, legata anche forse nostalgicamente all’ideologia dell’epoca zarista; fattori che sommati insieme sorreggono la volontà di gestire un potere assoluto. Ma staccandoci dal “mobile” perimetro geografico della Russia, il fattore più incisivo della legge di revisione costituzionale è che sancisce il primato della Costituzione sugli atti internazionali e, in particolare, sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo. È manifesta la visione “giuridico-russocentrica”, quindi il predominio della giurisprudenza della Corte costituzionale russa, su ogni altra “norma” internazionale.

Ma questa compulsione putiniana verso un assoluto controllo della società russa, esteso anche alla “Memoria”, è un chiaro segno di debolezza. L’affannosa volontà di creare basi sempre più granitiche in funzione di una “stabilità”, e per scongiurare una possibile “rivoluzione”, è un altro timore che attanaglia il presidente. Va tuttavia osservato che il contrario di rivoluzione può essere il concetto socio-economico di stagnazione. Una modalità economica ben nota in Russia, ricordando l’epoca di Breznev. La stagnazione genera la monotonia dell’economia, rappresentata dal convenzionalismo e dalla fisiologica corruzione, legati a facili profitti generati dal sistema economico connesso alle risorse energetiche, gas e petrolio. Similitudini alla “stagnazione” si notano analizzando l’economia russa sotto il “regno” di Putin, che chiaramente non è mai decollata.

Visto il quadro generale e nonostante l’immenso potere dello Zar Putin (I), forse nemmeno questa guerra potrà risollevare l’economia russa – nonostante l’annichilimento della Memoria – ma sicuramente costringerà l’Occidente a rivedere e diversificare gli ormai superati programmi economici.


di Fabio Marco Fabbri e Rosita Ponticiello