Le bestemmie siglate Pd

“Lo dico da cattolico: se tu non vuoi divorziare non divorzi, se sei contro l’aborto non lo pratichi, se sei contro le relazioni omosessuali sei libero di non averne. Ma non puoi impedire ai tuoi concittadini di fare quel che tu non sceglieresti per te. Questa è la laicità dello Stato, una delle grandi conquiste del nostro mondo. Ora in pericolo”.

Così Enrico Letta ha esternato il suo pensiero dopo la recente sentenza della Corte Suprema statunitense in tema di aborto in una intervista su La Stampa dello scorso 28 giugno.

Sul merito dei temi oggetto delle riflessioni di Letta ciascuno è ovviamente libero di coltivare la propria posizione favorevole o contraria in virtù della propria piattaforma assiologica di riferimento, ma non ci si può esimere da alcune considerazioni critiche di metodo su cui tutti, almeno chi intende nutrire un minimo di coerenza logica e di onestà intellettuale, possono e devono acconsentire.

In primo luogo: l’adesione ad una chiesa o ad una religione, con i dettami morali che esse implicano, è senza dubbio libera, ma una volta che l’adesione è stata manifestata non si può certo pretendere da parte dell’aderente di scegliere a quali norme ubbidire e da quali norme discostarsi; insomma, sarebbe come decidere di giocare a monopoli scegliendo arbitrariamente di voler applicare le regole della tombola, cioè optare per una operazione non soltanto illogica, ma anche e soprattutto incongrua.

Che Letta e il Partito Democratico, dunque, decidano di professarsi cattolici pur sostenendo battaglie e opzioni etiche che proprio con il cattolicesimo si trovano in frontale contrasto è quanto mai singolare, sebbene di gran lunga più bizzarro è che da parte di tutti costoro non ci si renda conto di una tale palese contraddizione che anzi viene orgogliosamente esibita e pubblicizzata.

In secondo luogo: ritenere, come da parte dei più erroneamente si ritiene, che la contrarietà ai temi elencati da Letta sia il frutto di una scelta religiosa che come tale non è universale, esprime un errore di fondo in almeno due direzioni: da un lato perché l’idea che la religione non rappresenti una visione universale è frutto della prospettiva laicistica oggi così diffusa nella cultura occidentale, e come tale parziale e quindi a sua volta non universale, dall’altro lato in quanto la storia della riflessione bioetica è costellata da illustri menti che pur senza professare alcuna fede hanno esercitato una critica ai temi suddetti alla luce della sola ragione. In questo senso come non ricordare le critiche all’aborto di Pier Paolo Pasolini o di Norberto Bobbio, o quelle al divorzio condotte da Piero Martinetti, o quelle alle unioni tra persone del medesimo sesso espresse dal noto documentarista omosessuale francese Jean Pierre Delaume-Myard?

Come si evince, dunque, vi sono validissimi motivi di ragione – la ragione naturale in grado di comprendere la natura delle cose e del mondo – per criticare nel merito i temi frettolosamente e ideologicamente elencati da Letta pur senza la necessaria e preventiva adesione ad un sistema di fede o ad una chiesa.

In terzo luogo: Letta, e come lui i tanti cattolici più o meno “adulti” che militano nel Pd e nelle varie conformazioni partitiche italiane, farebbe bene a far chiarezza tra sé e sé poiché delle due l’una: o ci si professa cattolici e allora i dettami del magistero in tema di morale (dentro cui rientrano le questioni bioetiche) non possono che essere cogenti, oppure se gli insegnamenti morali del magistero non sono cogenti non ci si può continuare a definire cattolici.

Senza indulgere nella ingenua divisione tra papi conservatori e papi progressisti, e volendosi perciò attenere soltanto al Pontificato attualmente in vigore, Letta, il cattolico Letta, intende davvero contraddire Papa Francesco secondo il quale abortire i feti malati sarebbe una forma di “nazismo in guanti bianchi”?

Vorrebbe forse il cattolico Letta – e con lui tutti i cattolicissimi del Pd – smentire Papa Francesco secondo cui esiste da tempo una “guerra mondiale contro la famiglia e il matrimonio”?

Oserebbe forse il cattolico Letta confutare Papa Bergoglio che, sul tema della fluidità di genere, ha parlato di colonizzazioni ideologiche per definire, come nella Laudato sì n. 155, il malsano “atteggiamento che pretende di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”?

Intenderebbe, dunque, il cattolico Letta negare e rinnegare uno dei Padri della Chiesa come Cipriano di Cartagine secondo cui “non può più avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre”?

Da tutto ciò si intuisce come larga parte di quel pensiero progressista italiano che per di più si ritiene anche cattolico, finisce per recitare la doppia parte in commedia tradendo sia le ragioni del progressismo, per chi in esse confida, sia le ragioni del cattolicesimo, per chi in esse crede, rivelando come i rappresentanti del Pd e Letta integrino alla perfezione la locuzione di Ireneo di Lione allorquando ebbe a biasimare l’incoerenza intellettuale e morale di quanti, anche e soprattutto a causa degli errori dottrinali delle proprie guide, si perdono nei luoghi comuni e nelle cause mondane dovendosi inevitabilmente considerare “ciechi condotti da altri ciechi”.

Aggiornato il 01 luglio 2022 alle ore 11:29