Cospito: istigare i violenti, mortificare i nonviolenti

mercoledì 1 febbraio 2023


Considerazioni sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito, in sciopero della fame da credo ormai oltre cento giorni. La “fermezza” di cui taluni strologano, lo Stato che non cede, sono scempiaggini; lo erano negli anni in cui massima era la recrudescenza del terrorismo, di più oggi.

Purtroppo con questa vicenda ci si è infilati in un cul-de-sac che rischia davvero di avere un epilogo drammatico. Fare di Cospito una sorta di martire è quanto di più stupido e criminale ci possa essere. Peccato d’altra parte che Cospito e i suoi amici non comprendano che seguire le orme di Bobby Sands e degli altri irlandesi che si lasciarono morire di fame detenuti nelle carceri britanniche non serve a nulla. Marco Pannella, che ha praticato scioperi della fame e digiuni per tutta la vita, ne faceva strumento di lotta di speranza e di dialogo per la vita; non di disperazione per la morte, propria o altrui.

Detto questo, non ci si stancherà mai di dire che una grave responsabilità pesa su noi giornalisti e su tutti coloro che fanno in qualche modo informazione. La questione oggi è anche il lungo e penoso sciopero della fame di Cospito; ma soprattutto è la questione del 41 bis, su cui nessuno o quasi si sogna di fare una seria riflessione, un vero confronto e dibattito: sull’istituto in quanto tale; se sia compatibile con la Costituzione e i diritti dell’Uomo. È cosa che semplicemente si rimuove, o se ne parla in modo criminalmente demenziale. Anche di Cospito: ora che è arrivato a cento e passa giorni di violenza su se stesso; e ora che vengono messi in essere in Italia e in altri Paesi comportamenti violenti e criminali, ecco che se ne parla: di quei comportamenti, non della questione che ne è alla base.

La stessa cosa, sia pure in termini per fortuna meno cruenti, accade con quei sedicenti ambientalisti: ignorati, ma enfatizzati quando si rendono protagonisti di episodi discutibilissimi come l’imbrattamento di opere d’arte o monumenti.

Fino a quando si adottano metodi e tecniche nonviolente, si viene ignorati. Lo si vede con le manifestazioni radicali a sostegno del popolo iraniano: nonviolente, dunque ignorate. Se, Dio non voglia, qualcuno esasperato si dovesse abbandonare a qualche comportamento violento di sicuro non mancherebbero titoli e visibilità.

Questa è la nostra colpevole responsabilità di giornalisti: sistematicamente premiamo i violenti, sistematicamente mortifichiamo i nonviolenti. Con ciò di fatto si istiga a comportamenti criminali e violenti.


di Valter Vecellio