Grazie, Parlamento di sua maestà britannica

Volodymyr Zelens’kij, presidente dell’Ucraina, è volato a Londra per far visita a Sua Maestà britannica, Re Carlo III, e per tenere un discorso innanzi al Parlamento, a Camere riunite. Ha ringraziato, esplicitamente, l’ex premier Boris Johnson per l’appoggio all’Ucraina dato per primo, nelle immediate ore successive alla tentata invasione da parte della Federazione russa. Azione continuata, senza riserve, dai suoi successori. Invio di armi, istruzione dei combattenti ucraini. Richiesta di nuove armi, come ormai da copione.

Il non detto, tuttavia, è più importante delle affermazioni. Il discorso s’è tenuto in quel tempio dello Stato libero che è l’antica aula di Westminster, dove si svolsero le diverse vicende le quali portarono alla vittoria della democrazia liberale. Tra quei fatti, la difficile conquista della libertà di credenza, dopo la istituzione di una chiesa di Stato, episcopale: la chiesa anglicana. Con un altro clero “cattolicheggiante” e uno basso, più protestanteggiante. Poi, via via, il rispetto anche di confessioni diverse. Uno dei massimi teologi cristiano ortodossi di fine XX inizi del XXI secolo, Kallistos Ware, fu il vescovo di Oxford. Oggi, all’apparenza, l’Ucraina ripercorre la fase antica ed intollerante di quel processo, intraprendendo il riconoscimento di una chiesa “nazionale”, nata in violazione degli ierocanoni ortodossi, ma riconosciuta autocefale da parte del Patriarca di Costantinopoli.

Salvo il fatto che, dal nono secolo, la chiesa ortodossa ucraina è radicata tra la gente ed è, in un certo senso, la madre del Patriarcato di Mosca; dalle cui posizioni, in questa situazione, si mantiene per altro indipendente e critica. Adesso quel governo procede, nei suoi confronti, con confische. Tutte le sue chiese sono chiuse nell’Ucraina occidentale. Si ha notizia di preti e monaci fermati, arrestati, torturati, uccisi. Si agiva così anche nell’Inghilterra di Elisabetta I, nei confronti dei cattolici romani, nel millecinquecento; non, però, nel Regno Unito di Elisabetta II, nel Millenovecento. Troppa acqua è passata sotto i ponti del Tamigi. Evidentemente non ne scorre a sufficienza sotto i ponti del Dnepr. Volodymyr Zelens’kij cita, anche, spesso, nel discorso, il demonio. A questi, Woland, come lo chiama, dedica in fondo il suo maggiore romanzo, Il maestro e Margherita, il più grande scrittore che sia nato a Kiev nel secolo passato: Michail Afanas’evič Bulgakov. Peccato sia scritto in lingua russa, e l’attuale governo stia ritirando dalle biblioteche i testi in quella lingua.

Aggiornato il 10 febbraio 2023 alle ore 09:41