I farisei della Costituzione

In quella saga del politically correct, del buonismo un tanto al chilo e della retorica a prezzi stracciati del Festival di Sanremo, appena conclusosi nel solito giubilo generale, non potevano ovviamente mancare i farisei della Costituzione più bella del mondo. E chi se non Roberto Benigni poteva incaricarsi di interpretare in modo mirabile il vacuo formalismo con il quale oggi, dopo la vera e propria tragedia democratica vissuta durante l’epoca buia della pandemia, essa ci viene rappresentata? Da quanto riporta la stampa (personalmente da molti anni mi rifiuto di assistere a un simile teatrino dell’ipocrisia nazionale), il popolare comico toscano avrebbe espresso una sua particolare predilezione per l’articolo 21 della Carta, quello che per intenderci difende a caratteri scritti sulla pietra la libertà di esprimere in ogni forma lecita il proprio pensiero.

A tal proposito, vorrei segnalare la reazione, di fronte a cotanto amore per la nostra legge suprema, di Sigfrido Ranucci, querelato dallo stesso Benigni nel 2017. In un commento scritto su Facebook e riportato dal Fatto Quotidiano, il conduttore di Report ha detto: “Molto toccante il monologo di Roberto Benigni al Festival di Sanremo sui 75 anni della nostra Costituzione. Il maestro Benigni ha sottolineato come il suo articolo preferito sia l’articolo 21, tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Sono certo che per coerenza il maestro nei prossimi giorni ritirerà la querela che nel 2017 ha presentato nei confronti del sottoscritto, del collega Giorgio Mottola, della Rai e di Report”. In particolare, Benigni e la moglie Nicoletta Braschi dettero querela al giornalista romano a seguito di un servizio di Report sui finanziamenti pubblici allo spettacolo, che vedeva coinvolti i due celebrati artisti.

Ma non basta. Proprio in termini di coerenza che ai tanti cantori della Costituzione sembra mancare, ogniqualvolta il Paese attraversa un momento critico – anche se è proprio in questi casi che i suoi principi dovrebbero essere difesi ad oltranza – molti di noi aperturisti della prima ora dovrebbero chiedere a Benigni se, per caso, fosse finito in una cassa di limoni quando ci tolsero la libertà a colpi di semplici atti amministrativi. Anche in merito all’istituzione dell’abominevole lasciapassare sanitario, senza eguale nel mondo civile, non ci risulta che il grande Benigni abbia mai avuto, nemmeno per un istante, nulla da eccepire.

Non solo. In merito al citato articolo 21, sarebbe interessante comprendere cosa pensasse il suo illustre assertore e paladino, quando nel marzo del 2020 il democratico compagno Andrea Martella, all’epoca sottosegretario dem con delega all’Editoria, istituì una commissione governativa contro le fake news in ordine alla pandemia del Coronavirus? Una misura degna di un grande fratello orwelliano in stile ministero della Verità che, per quanto ne sappiamo, non suscitò alcuna reazione in tutti quegli autorevolissimi personaggi che, adesso, vengono a farci la predica dal più importante palco della canzonetta italiana.

Aggiornato il 13 febbraio 2023 alle ore 10:43