La scommessa

Le elezioni per i governatori e le assemblee regionali del Lazio e della Lombardia hanno confermato la svolta dei votanti: ossia, vedere governi conservatori nelle istituzioni liberali e democratiche.

Il partito conservatore della Destra prevale nel blocco, al di là della figura dei due presidenti: l’uno espressione del tessuto produttivo lombardo, l’altro della capacità di rapportarsi con gli ambienti internazionali e supernazionali. Questo rappresenta la volontà netta degli elettori di evitare la tendenza, passata al compromesso politico, d’annacquare posizioni e programmi e, quindi, di avere politiche che non sono né carne, né pesce.

Oltre a tale dato, però, ve ne è un altro. Il calo costante dell’affluenza alle urne. Ciò è comune a tutte le democrazie liberali. Tuttavia, la risposta che se ne dà è, il più delle volte, superficiale ed inattendibile, visto che ciò si verificherebbe in un quadro in cui gli elettori ritengono ormai consolidato il sistema istituzionale. E, quindi, non rispondono più alla “chiamata alle armi”. Andrebbero a votare solo se fortemente convinti d’una proposta politica percepita come innovativa. Altrimenti, sarebbero sicuri della lealtà di tutti al sistema, senza preoccuparsi d’alcuno. La cosa varrebbe, però, per le elezioni politiche e non per le Amministrative. In esse si andrebbe a votare per questioni come lo smaltimento dei rifiuti o gli asili nido. Insomma, rappresenterebbero più riunioni di condominio che altro. Una prospettiva, però, che non è più valida da diversi anni.

Si è già avuto modo di sottolineare come il sociologo Ulrich Beck, a cavallo tra il secolo scorso e questo, abbia segnalato come siano soprattutto i giovani a disertare le urne. Essi hanno la consapevolezza di incidere sempre meno, nella vita di tutti i giorni, circa le decisioni degli organi elettivi. Allo stesso tempo, sempre più privati, con sedi legali, amministrative e strutture produttive o distributive situate in Stati differenti, per decidere dove aprire, assumere, delocalizzare, dribblano legislazioni e governi e mettono gli organi rappresentativi – elettivi – fuorigioco. Così, sempre in più “votano con le scarpe”. Vanno altrove e non alle urne.

Gli italiani, sotto questo profilo, sono più avanti. E lo hanno compreso anche per la tornata delle Amministrative. Forse, addirittura, a maggior ragione. Giorgia Meloni, questo, lo ha capito benissimo: capo del Governo italiano e dei Conservatori alla Camera del Parlamento europeo, ha inquadrato a livello supernazionale tutte le questioni strategiche per la nazione. In quelle sedi le ha poste e ha cercato il consenso tra gli altri Esecutivi, oltre a voler costruire delle risposte sulla produzione, la circolazione, i costi dell’energia oppure sul tema dell’immigrazione.

Con la stessa logica, ha convinto la coalizione, a questo punto imperniata sulla Destra, a candidare a presiedere la Regione Lazio una personalità con esperienze internazionali. Se porterà a casa alcune scelte fondamentali e concrete della sua politica, allora, forse, convincerà molti astensionisti ad andare a votare. Infatti, avrà dimostrato quanto pesa quel voto.

Oggi ha conquistato la maggioranza della minoranza votante, domani potrebbe conquistare la maggioranza degli aventi diritto. I Conservatori britannici non sanno come uscire dal fallimento della Brexit. Giorgia Meloni può dimostrare come la Nazione riesca a difendersi: con la partecipazione attiva, supernazionale e internazionale.

Aggiornato il 15 febbraio 2023 alle ore 09:41