Il Parlamento europeo conta poco... per fortuna

Si sente spesso dire in televisione nei talk-show della diseducazione pubblica programmata – dove i politici si esercitano nella ignobile arte del qualunquismo doloso – che “purtroppo il Parlamento europeo conta ancora troppo poco”.

Viste le ultime performances di quell’organo elettivo si potrebbe dire che c’è un “purtroppo” di troppo. Se avesse infatti avuto l’assemblea di Bruxelles o la gemella di Strasburgo quel potere legislativo cogente che hanno analoghe istituzioni in Paesi, ad esempio come l’Italia, oggi in Europa saremmo costretti a mangiare la farina degli insetti, a ristrutturarci la casa fino a farla divenire eco a spese nostre e, da ultimo, a chiudere entro due anni tutte le fabbriche di automobili non elettriche, indotto incluso.

Insomma, quando nel fare l’Europa attuale si è scelta la formula pratica della confederazione di Stati e per giunta con il diritto di veto di ogni singola nazione si è fatta – magari per sbaglio – la scelta giusta.

Sembra infatti – con il senno di poi – di trovarsi in quella nota storiella zen, pressoché infinita, in cui il protagonista subisce una disgrazia all’inizio ma ne evita altre ben peggiori che potevano accadergli se si fosse salvato dalla prima e poi dalla seconda e così via.

I padri fondatori dell’Europa, insomma, bene conoscevano i loro polli. E chissà quanto consciamente, quando hanno deciso di dare il potere alla Commissione Ue, con la regola del veto delle singole entità statuali, e non al doppio Parlamento di Bruxelles e Strasburgo hanno fatto la scelta giusta.

Perché quando l’ideologia e la demagogia vanno al potere – di solito a rimorchio delle sinistre e dei populisti (di destra, di sinistra o antipolitici che siano) – tutto si trasforma in una tragedia.

Ed è un bene che questo Parlamento europeo continui a contare poco finché emana direttive del caciocavallo come quelle pseudo-ecologiche.

Aggiornato il 20 febbraio 2023 alle ore 10:48