L’Italia finisce a Bari

I giornalisti molto spesso peccano di egocentrismo, da nord a sud. S’inciampa nella professione, noi per primi. E non importa se fai parte di un colosso televisivo o di una sperduta tivù locale, è l’abito che fa il monaco. Poi ci sono i telegiornalisti sportivi che non si distinguono più, tutti copia-incolla rubati alla generazione nata alla fine degli Ottanta quando sulla scena irrompevano i Piccinini o i Marianella che hanno fatto scuola con il loro stile. Ma se da un lato si è persa l’unicità, quella che contraddistingue il talentuoso dal mestierante, oggi fa capolino nell’universo del tubo catodico pallonaro un’altra caratteristica: il sermone condito dal piagnisteo retorico.

Allora accade che il tifoso bresciano che porge al giornalista barese microfonato fuori lo stadio la domanda maliziosa (siete di Bari, siete italiani?), fa partorire il mostro: un lunghissimo condensato di retorica sul razzismo territoriale corroborato da insulti al tifoso delle rondinelle (deficiente! deficiente!). È l’italietta delle polemiche e delle lezioncine all’ingrosso dove tutto sembra fuorché vero, perché ingigantito fino al parossismo. Finita l’omelia, è seguito lo sdegno universale, la testa sul ceppo e la condanna a reti unificate.

Chi è il protagonista allora? Manca Frajese e un calcio dove non batte il sole per ricordarci che l’educazione, a volte, si insegna con i fatti, magari a microfoni e telecamere spente, e non con le parole insipide per ingraziarsi il pubblico amico in cambio di un po’ di share. Pardon, clic.

Aggiornato il 02 marzo 2023 alle ore 20:14