I sogni e la realtà dei conti

Secondo l’agenzia Reuters, “l’Italia ha registrato una solida espansione economica del 3,7 per cento l’anno scorso, ma il deficit di bilancio ha superato abbondantemente le previsioni del Governo portandosi all’8 per cento del Pil contro il 5,6 per cento atteso”.

In base ai dati diffusi in questi giorni dall’Istat, la crescita è risultata in linea con le stime dell’Esecutivo nel 2022. Ciò in virtù del buon andamento registrato nei primi tre trimestri, ma si è mostrata in deciso rallentamento rispetto al 2021, anno in cui aveva segnato un +7 per cento, ritoccato oggi al rialzo dal precedente +6,7 per cento.

Tuttavia, le note dolenti, e non sono poche, riguardano il quadro delle finanze pubbliche, con il deficit di bilancio che ha oltrepassato nettamente l’obiettivo fissato dal Governo Draghi nel 2022. Tutto questo a seguito di una recente disposizione di Eurostat, riguardante il modo in cui i crediti fiscali vengono classificati nei conti dello Stato. Anche i deficit del 2021 e 2020 sono stati rivisti per lo stesso motivo al rialzo, rispettivamente al 9 per cento dal 7,2 per cento e al 9,7 per cento dal 9,5 per cento. Per chi non lo sapesse, questa crescita preoccupante del disavanzo pubblico è dovuta al modo con cui la stessa Eurostat ha stabilito che vengano calcolati i crediti fiscali, su tutti il controverso e demenziale Superbonus del 110 per cento. Se, infatti, tali crediti fiscali andrebbero a cumularsi sul debito pubblico se non pagabili immediatamente mentre, come è accaduto per quelli relativi al Superbonus, essi generano direttamente deficit se vengono invece riscossi. Oltre a creare, così come sta accadendo in Italia, un surplus di inflazione già di per sé piuttosto alta. Ma il Governo, scontentando molti sovranisti monetari di destra, rassicura gli italiani, spiegando che la direttiva avrà un impatto limitato sul deficit 2023, dopo lo stop agli incentivi fiscali per il comparto costruzioni varato il mese scorso.

“La correzione delle norme sui bonus edilizi è stato l’indispensabile presupposto a tutela dei conti pubblici per il 2023, invertendo una tendenza negativa certificata oggi dall’Istat”, commenta il Tesoro in una nota. Nel frattempo, proprio grazie all’inflazione galoppante, che fa salire notevolmente il valore nominale della ricchezza prodotta, il rapporto debito/Pil è sceso da oltre il 150 per cento a circa il 144 per cento. Solo che, tanto per cambiare, il conto più delle passate dissennatezze di spesa, culminate con l’insensata paralisi dell’economia a causa delle restrizioni Covid, lo pagheranno le fasce più povere della popolazione, essendo l’inflazione la più iniqua e regressiva delle imposte.

Aggiornato il 03 marzo 2023 alle ore 10:25