Pigioni o prigioni? Quando la casa diventa un diritto

Quando la casa diventa un diritto di qualcuno diverso dal proprietario, lo Stato imbocca la via della schiavitù. Con l’autorevole firma di Paolo Lepri, il Corriere della Sera riferisce l’iniziativa di Marina Gonçalves, 34 anni, la più giovane ministra della storia portoghese, incaricata dal governo socialista di Antonio Costa di risolvere l’emergenza costituita “da chi con un reddito basso non può vivere in una casa dignitosa”. Poiché negli ultimi anni gli affitti sono aumentati molto più degli stipendi, la ministra propone di “imporre l’obbligo di affittare le case vuote”. Ovviamente il piano ha suscitato reazioni critiche, che l’onorevole Gonçalves controbatte con lo slogan: “Lo Stato non entrerà nelle case della gente”. E ci mancherebbe, viene da aggiungere. Il Portogallo è pur sempre un membro dell’Unione europea, dove lo Stato deve proteggere i cittadini anziché vessarli. O forse non più?

Non è una curiosità ma un connotato che lascia interdetti la laurea in diritto conseguita dalla ministra nell’Università di Porto. Infatti, lei afferma spavaldamente che la sua proposta è “totalmente costituzionale”. Se lo sia oppure no, chi scrive, pure giurista di lungo corso, non azzarda la risposta, ignorando i dettagli della Costituzione portoghese e della giurisprudenza lusitana. Tuttavia afferma con sicura certezza che l’obbligo statale di affittare a terzi, selezionati dallo Stato stesso, la casa altrui è tanto incompatibile con la proprietà privata quanto con la libertà individuale. Le buone intenzioni della ministra non bastano a garantirne il buon esito.

Se il lettore mi chiedesse perché mai insorgo contro una misura portoghese soltanto ventilata, risponderei per celia che in italiano “fare il portoghese” significa “a scrocco” e aggiungerei sul serio che lo Stato non ha alcun diritto di assegnare coattivamente agli affittuari scelti da lui la casa dei proprietari, gravandola per soprammercato di un’imposta patrimoniale occulta, qual è sempre quella che viene chiamata eufemisticamente “equo canone”. Anche un’ingenua come la ministra Marina Gonçalves dovrebbe avere la lucidità mentale di riconoscere che la sua inaccettabile proposta richiederebbe allo scopo un’imponente macchina burocratica che tuttavia non raggiungerebbe lo scopo. Sarebbe più facile e corretto conseguirlo facendo acquistare le case dallo Stato per regalarle una tantum ai soli veri bisognosi. Ciò che costerebbe meno in termini economici e sociali. Soprattutto non sconvolgerebbe il naturale ordine giuridico e morale del vero Stato di diritto, che in essenza consiste nel diritto di difendersi dallo Stato ingiusto!

La verità vera, però, è che io insorgo per il motivo prospettato da Paolo Lepri sebbene ipoteticamente: “Se avrà successo, il piano di Gonçalves potrebbe rappresentare una svolta significativa e costituire un esempio anche per altri Paesi”. Già vedo infatti i benefattori annidati nei partiti gareggiare per intestarsi la primogenitura parlamentare in Italia. Oscar Wilde disse che “non puoi rendere buona la gente con un atto del Parlamento”, ma non considerò che proprio le pseudo leggi sulla cosiddetta giustizia sociale fanno sentire più buoni i parlamentari che le approvano. Del resto, l’impulso a impossessarsi in tutto o in parte della proprietà altrui con svariati metodi diretti e obliqui, anche ope legis, è atavico e diffuso in alto e in basso negli strati della società.

Aggiornato il 15 marzo 2023 alle ore 09:56