Classicismo e attualità

venerdì 24 marzo 2023


Nella classifica mondiale delle Università, pubblicata di recente, La Sapienza di Roma risulta in testa per gli studi classici. Non è solo un frutto del territorio – dalle mura megalitiche di Alatri ai templi d’Agrigento, fino a Roma – ma anche della consapevolezza, in molti subconscia, di essere la Nazione più antica. Si ha un bel parlare, ma fino ai Greci le comunità erano etniche. Έθνος-ethnòs è un termine loro: significa nati da uno stesso sangue. Natio, in latino, vuol dire nati su un medesimo territorio. Già le tribù costitutive di Roma furono etnicamente diverse. Figurarsi quando, a seguito delle guerre sociali, la cittadinanza venne estesa a tutti gli italiani.

Purtroppo, io esco da quell’Università, ma studiai Giurisprudenza, posizionata più in basso in quella classifica. Non è colpa dei docenti, spesso di grandi qualità, ma del diritto italiano attuale. Non perché esso vanti i natali nel giure romano, ma in quanto ne rappresenta un figlio debosciato. Non ha, dell’avo, il carattere principale: quello di saper dare forma allo scorrere e alle novità dei tempi. Questo fiume del secolo avanza, nel nostro ordinamento, per la vigenza del diritto comunitario dell’Unione europea e delle norme di convenzioni internazionali ratificate. Poco viene dal Parlamento nazionale, anche se l’Aula della Camera sorge in Campo Marzio, dove si riunirono i comizi antichi. Comizi che, come ci dicono da Theodor Mommsen ad Andrea Carandini, possono ritenersi la Camera bassa di un primo sistema rappresentativo parlamentare.

Anche sotto questo aspetto, il Governo conservatore di Giorgia Meloni fa del suo meglio. Ad esempio, quando agisce sul piano del diritto penale, statuendo reati universali, cioè sanzionando condotte concernenti alcune particolari violazioni della dignità umana, da chiunque siano commesse sul territorio non solo dello Stato, ma di tutta la Terra. Vedi il traffico d’esseri umani, gli scafisti o il cosiddetto utero in affitto.

Per tornare all’archeologia, pare che i Camuni, popolazione preistorica della Val Camonica, autrice di graffiti giunti fino a noi, praticassero l’inseminazione di cavalle con lo sperma congelato per incrementare la riproduzione equina. Le donne, come ben sa la presidente del Consiglio, non sono cavalle, neppure le “cavallone”. Occorrerebbe, però, ammodernare anche il diritto civile, ma qua il discorso si farebbe assai lungo.


di Riccardo Scarpa