Il “buon governo” della rossa Emilia-Romagna annegato nell’alluvione

giovedì 25 maggio 2023


Il Governo di Giorgia Meloni, a cominciare dalla stessa presidente del Consiglio dei ministri, nel disastro dell’alluvione in Emili-Romagna si rimbocca le maniche con misure immediate: sospensione delle scadenze fiscali, delle rate di mutuo, dei concorsi pubblici, degli esami di maturità e quant’altro. E sta dando la massima collaborazione alle amministrazioni locali, senza guardare in faccia al loro colore politico.

Si tratta della Romagna, rossa dai tempi di Don Camillo e l’onorevole Beppone. I comunisti, si siglino Pci, Pds o Ds sono comunque loro, hanno sempre fatto della gestione di quella Regione, di quelle Province e di quei Comuni l’esempio di una propagandata “buona amministrazione”. E adesso? Sarebbe colpa dei cambiamenti climatici se sono caduti 300 millilitri di acqua in un giorno.

Chi scrive, però, è mezzo veneto e mezzo friulano. I fiumi dall’Isonzo al Piave sono in secca gran parte dell’anno. Sono estensioni di ghiaia ideali per manovre militari con i carri armati: le impronte dei cingoli restano ben visibili gran per lungo tempo. Poi, in primavera, con lo sciogliersi delle nevi a monte, ma anche grazie a rilevanti piovaschi, rompono gli argini ed esondano. In passato, si sono avute piogge anche di 350 millilitri caduti in sei ore, molto di più di quanto è piovuto in Romagna adesso. Naturalmente l’acqua è entrata nel piano terra delle case.

Ho notizia di coordinamenti di soccorsi dal secolo XIX, ma nulla di paragonabile alla tragedia romagnola. Perché? Dal rapporto dell’Istituto superiore per la Protezione e Ricerca ambientale per il 2020, si ricava che la giunta regionale dell’Emilia-Romagna, presieduta da Stefano Bonaccini e con la vicepresidenza di Elly Schlein, ha restituito – tra il 2021 e il 2022 – al ministero delle Infrastrutture 55,2 milioni di euro di finanziamento per manutenzione e messa in sicurezza dei corsi d’acqua. La Regione non è stata capace di spenderli nei tempi previsti, come rilevato dalla Corte dei conti.

Il premio Nobel Giorgio Parisi incolpa del presunto cambiamento climatico le solite emissioni di Co2. Esse, però, adesso, sono rientrate, in Europa e in Italia, ai livelli del 1965. Intanto, non sono state fatte manutenzioni a monte, con la scusa di non intervenire in “aree protette”. Con questo pretesto, non si fanno strutture per frenare la velocità dell’acqua; non si tagliano alberi e rovi che, quando piove, si sradicano e diventano arieti scagliati sugli argini ed i pilastri dei ponti. Non si rafforzano gli argini stessi.

Giorgia Meloni non lo dice perché è troppo signora. Allora lo diciamo noi, che siamo più rozzi: l’alluvione ha sommerso la fama, usurpata, della “buona amministrazione” degli onorevoli Bepponi.


di Riccardo Scarpa