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ESTERI
II
Amcham: quel dolce ponte
fra i mercati di Italia e Usa
di
UMBERTO MUCCI
sclusa l’Ambasciata e i Conso-
lati, la American Chamber of
Commerce è certamente l’istituzione
americana più importante che abbia
sede in Italia: con una storia quasi
centennale, fa da insostituibile punto
di riferimento per i rapporti com-
merciali fra i due Paesi. Il Consiglie-
re Delegato della Amcham è Simone
Crolla, giovane e dinamico manager
che ha accettato volentieri di rispon-
dere a qualche nostra domanda. Per
questo lo ringraziamo.
Dr. Crolla, la American Chamber
of Commerce è protagonista fon-
damentale nei rapporti commerciali
ed economici tra Italia e Stati Uniti.
Le chiediamo di raccontarci qual-
cosa sulla istituzione che Lei rap-
presenta.
La American Chamber of Com-
merce in Italy è nata a Milano nel
1915,
quindi ormai quasi 100 anni
fa, come una sorta di ambasciata
economica degli Stati Uniti d’Ame-
rica, anche se non è un organo del
Governo federale ma rappresenta
più quella che qui da noi è la Con-
findustria, che negli Usa rappresenta
oltre 5 milioni di piccole, medie e
grandi industrie. Da allora la Ca-
mera ha aiutato centinaia di aziende
americane per l’ingresso nel mercato
italiano. Oggi siamo ancora il punto
di riferimento per le aziende ameri-
cane presenti in Italia, che sono circa
1.800
tra le partecipazioni ed i veri
e propri brand presenti qui da noi,
ma aiutiamo anche gli imprenditori
italiani che vogliono esportare o in-
sediarsi negli Usa, visto che gli in-
vestimenti americani verso il nostro
Paese sono in una fase di sensibile
calo. Abbiamo circa 500 aziende
iscritte e il nostro Presidente Ono-
rario è l’Ambasciatore americano
pro-tempore, oggi S.E. David H.
Thorne. Nel nostro board siedono
poi 35 componenti in rappresentan-
za delle più importanti aziende ade-
renti e il nostro Presidente operativo
è il Senior Director di McKinsey &
Co. Vittorio Terzi. Lavoriamo so-
prattutto su tre filoni. Il primo è
quello della advocacy, ovvero la lob-
bying, un termine che negli Usa ha
un’accezione molto meno dispregia-
tiva di quella che risulta nella nostra
lingua e nel nostro Paese: cerchiamo
di portare all’attenzione del decisore
pubblico alcune problematiche che
ci vengono evidenziate dai nostri as-
sociati, mediante position papers
che, provenendo da un ente terzo,
E
nariali, alle missioni: molto successo
ha quella in Silicon Valley, che ormai
facciamo da un paio di anni, in cui
accompagniamo piccoli e grandi im-
prenditori italiani a visitare i centri
di ricerca delle più grandi aziende
californiane. Annualmente, poi, or-
ganizziamo il Transtlantic Award
Gala Dinner, con il quale premiamo
le aziende americane che hanno in-
vestito cospicuamente in Italia, e
quelle italiane che hanno fatto rile-
vanti investimenti in America: quel-
lo di quest’anno si terrà il prossimo
26
novembre ed è per noi un im-
portante appuntamento per eviden-
ziare come possano essere vincenti
e dinamiche le relazioni commerciali
tra i due Paesi.
Come siete strutturati tematicamen-
te?
Abbiamo al nostro interno i co-
mitati e i gruppi di lavoro, che sono
veri e propri piccoli think tank che
si riuniscono tra Milano e Roma
con cadenza mensile, suddivisi per
settore: all’interno di ognuno di essi
ci sono i principali esperti della ma-
teria, un mix tra grandi e piccole
aziende e professionisti. Da qui na-
scono i suggerimenti che - come ad
esempio con l’Agenda Digitale -
proponiamo alle Autorità, le quali
conoscono la credibilità e la com-
petenza dei componenti dei nostri
comitati.
Siete presenti in tutta Italia?
Sì. La sede fisica è a Milano, ma
in giro per l’Italia abbiamo diversi
chapters con un rappresentante lo-
cale che veicola le nostre politiche
presso il suo territorio. Per ora sia-
mo presenti a Roma, Bari, Palermo,
Torino, Verona e Vicenza, e a breve
anche a Bologna e a Genova. È un
network che funziona anche per i
nostri stessi associati: qualche anno
fa abbiamo organizzato un road
show per una nota azienda ameri-
cana del mondo “digital” in città
dove non avevano punti di riferi-
mento propri, e tramite i responsa-
bili dei nostri chapters tutte le uni-
versità e le antenne locali delle
associazioni imprenditoriali interes-
sate sono state contattate ed hanno
potuto prendere parte alle iniziative
sul loro territorio.
Qual è dal vostro punto di vista lo
stato dei rapporti commerciali ed
economici tra i due Paesi, e cosa si
può fare concretamente per miglio-
rarli?
La zona comune tra Europa e
Usa è ancora a tutt’oggi quella con
lo scambio commerciale più grande
e importante al mondo. I due Paesi
rimangono partners strategici l’uno
per l’altro, anche se lo scambio tra
Italia e Usa è notevolmente calato
negli ultimi anni di crisi, in entram-
be le direzioni. Ma le nostre espor-
tazioni stanno lentamente risalendo
grazie alla forza del Made in Italy:
i nostri prodotti hanno ancora gran-
di margini di miglioramento sul
mercato americano, che non è fatto
solo dalle due coste ma anche dalla
vasta e interessante terra che c’è in
mezzo. D’altro canto, noi siamo 60
milioni di abitanti che amano i beni
di consumo e abbastanza sofisticati
in fatto di gusti e possibilità: basti
pensare al recente grande successo
dell’iPhone 5. E nonostante i grandi
problemi, ci sono segnali positivi
anche in termini di investimenti
americani qui: recentemente ha
aperto in provincia di Piacenza il
primo centro di distribuzione di
Amazon, che servirà non solo l’Italia
ma anche l’Europa.
L’American Chamber of Com-
merce a livello mondiale, insieme al
Dipartimento di Stato americano e
alla Commissione Europea, sta por-
tando avanti il Transatlantic Eco-
nomic Council, una lunga e difficile
trattativa volta ad ottenere un free
trade agreement fra gli Stati Uniti
d’America e i prossimi auspicabili
Stati Uniti d’Europa. Noi qui in Ita-
lia stiamo conducendo un impor-
tante studio su tutte le principali
multinazionali americane, siano esse
presenti in Italia oppure no, per ca-
pire quali siano le principali criticità
nel fare investimenti qui in Italia,
che per ora risultano essere quelli
noti: alta tassazione, incertezza le-
gislativa, il ritardo infrastrutturale,
la burocrazia. Una volta conclusa
la fase di raccoglimento dati, elabo-
reremo alcune soluzioni sotto forma
di proposte normative che sottopor-
remo agli organi decisionali.
L’innovazione e la creatività sono
essenziali per far ripartire il nostro
Paese, e la miscela tra il genio ita-
liano e l’ambiente americano fecon-
do per le start up è la migliore pos-
sibile. Voi in Amcham siete promo-
tori del Brain Calling Fair, di cosa
si tratta?
Brain Calling Fair ci permette di
mettere in contatto talenti, giovani
di belle speranze e persone di qual-
siasi tipo che abbiano un’idea inno-
vativa, con aziende già ben struttu-
rate, prettamente americane ma non
solo, al fine di ragionare insieme sul-
l’ipotesi di portare avanti l’idea im-
prenditoriale in questione. Non è
una job fair, e si differenza dalle bu-
siness plan competition che prolife-
rano in Italia perché chi propone
l’idea qui non ha bisogno di arrivare
con un documento già strutturato,
e perché quest’idea non è proposta
a venture capital o business angels
quanto piuttosto ad aziende già av-
viate e leader le quali operano nel
settore di competenza dell’idea stes-
sa. Il successo di questa iniziativa
ha portato già all’approfondimento
di alcune di queste idee da parte del-
le aziende partecipanti, ma alcune
di esse hanno ritenuto interessante
anche chi ha proposto le idee, finen-
do per offrire a qualcuno di loro an-
che un contratto. Stiamo sviluppan-
do una vera e propria piattaforma
delle idee e tra qualche mese lance-
remo il nuovo progetto.
Tra qualche giorno gli americani sa-
ranno chiamati a decidere se con-
fermare Obama per altri quattro
anni o dare fiducia a Romney. Non
le chiediamo un giudizio politico,
ma un suo pensiero su come questa
grande democrazia mostri ad ogni
tornata elettorale la sua compiutez-
za e la sua rinnovata vivacità.
Sono un grande estimatore del
modo in cui funziona la politica
americana. Mi impressiona vedere
il livello di coinvolgimento che c’è
attorno al dibattito per le elezioni,
come sono scientificamente prepa-
rati i dibattiti televisivi ma anche gli
eventi ai quali i due candidati par-
tecipano nei singoli Stati, la parte-
cipazione, il livello di accuratezza
programmatica su cui si confronta-
no. Mi impressionano le doti di lea-
dership dei due candidati, personag-
gi carismatici, preparati e pronti a
conquistarsi i voti uno per uno. Cre-
do che noi qui in Italia dovremmo
trarne grandi insegnamenti: dal si-
stema elettorale al sistema delle pri-
marie con regole certe, all’impor-
tanza che si conferisce ai valori della
famiglia, della persona e della pa-
tria.
L’American Chamber
of Commerce
è certamente l’istituzione
americana
più importante che abbia
sede in Italia,
dopo l’Ambasciata
e i consolati. Dal 1915
mette in contatto
gli imprenditori
americani
e quelli italiani.
Il dottor Simone Crolla,
suo amministratore
delegato, ci introduce
nei meccanismi
che fanno funzionare
questa quasi secolare
istituzione
possono venire accolti con ragione-
vole apertura e riflessione. Il secon-
do filone è quello dei servizi: per le
aziende americane che vengono qui
è fondamentale avere assistenza per
muoversi nella giungla di autoriz-
zazioni, burocrazia ed opportunità
italiane, o per trovare le persone alle
quali affidarsi. Siamo molto efficaci
anche per gli italiani che intendono
andare in America, in collaborazio-
ne con Simest ed Ice, con l’interpre-
tazione delle varie normative per su-
perare alcuni ostacoli, il match
making per trovare ad esempio l’im-
portatore giusto per un dato pro-
dotto, il suggerimento di quale dei
50
Stati Uniti possa essere meglio
ricettivo per il business dell’azienda
italiana. Il terzo aspetto è il networ-
king: facciamo circa 50 eventi in un
anno, in tutta Italia. Dalla prima co-
lazione – informale e all’americana
-
con ospiti importanti e aperta solo
ai Ceo delle aziende, il “power bre-
akfast”, a eventi conviviali e semi-
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 1 NOVEMBRE 2012
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