Direttore ARTURO DIACONALE
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Sabato 1 Dicembre 2012
delle Libertà
Italia, economia record di disastri
Il saldo dell’Imu sarà «una stangata» con punte per la seconda casa fino a 1.209 euro. Secondo
la Uil, anche «le tredicesime sono a rischio». Intanto la disoccupazione è ai livelli massimi dal 1992
MedioOriente, la scelta sbagliatadiMonti-Bersani
Quella cambiale in bianco firmata ai palestinesi
Se la destra si trasforma in una (vecchia) sinistra
on è una stata una vanteria
quella che Pierluigi Bersani ha
fatto dichiarando di aver contribuito
a spingere il presidente del Consi-
glio, Mario Monti, a forzare la ma-
no al ministro degli Esteri, Giulio
Terzi, spingendolo a votare a favore
dell’ingresso della Palestina di Abu
Mazen nell’Onu in qualità di “stato
osservatore”. Di sicuro il segretario
del Pd ha insistito su Palazzo Chigi
in favore del via libera alle Nazioni
Unite dello stato palestinese. Ma al-
trettanto sicuramente la sua insisten-
za ha trovato la porta di Monti as-
N
la dirigono sulla base dei propri in-
teressi nazionali), si è comportato
come l’intendenza di Napoleone ed
ha seguito pedissequamente l’indi-
rizzo dato da Hollande. Ma c’è stato
molto di più dell’intreccio tra la su-
balternità ideologica di Bersani e la
passività politica di Monti ad intrec-
ciare le ragioni dell’uno e dell’altro
nella scelta di sostenere l’ingresso
all’Onu della Palestina di Abu Ma-
zen e di esporre Israele al rischio di
future delegittimazioni internazio-
nali. Questo di più è rappresentato
dalla comune convinzione di Ber-
sani e di Monti che alla radice dei
problemi mediorientali ci sia il con-
flitto mai risolto tra palestinesi ed
ebrei. Un conflitto che, sulla base di
tale convinzione, ha la sua radice
nella nascita dello stato d’Israele.
La convinzione del segretario del Pd
è il frutto della vulgata anti–israe-
liana dominante nella sinistra italia-
na fin dai tempi della guerra del ‘56.
Quella del presidente del Consiglio
nasce dalla vulgata diplomatica sem-
pre anti–israeliana dominante a Bru-
xelles dagli anni settanta. Sia l’una
che l’altra portano a concludere che
se non ci fosse Israele il Medio
Oriente sarebbe un teatro di pace.
Ma, purtroppo, si tratta di convin-
zioni vecchie che portano a conclu-
sioni sbagliate. Perché la realtà del
presente è totalmente diversa da
quella su cui Bersani e Monti fon-
dano il loro comune pregiudizio.
Non è il conflitto tra ebrei e palesti-
nesi a rendere una bomba ad oro-
logeria il Medio Oriente, ma sono i
conflitti aperti e nascosti in atto nel
mondo arabo ad alimentare le ten-
sioni tra Israele, Gaza e Palestina ai
fini di interessi. In passato la tesi se-
condo cui sarebbe bastata la scom-
parsa d’Israele per riportare la pace
in Medio Oriente poteva avere un
qualche fondamento. Ma se oggi
Israele scomparisse d’incanto o per
effetto di un bombardamento ato-
mico, è proprio certo che la pace
tornerebbe a dominare l’area?
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uali vette di follia, sconsidera-
tezza e autolesionismo vuole
toccare il governo italiano? Non è
bastato aver ridotto la classe media
del paese ad una larva senza più al-
cuna prospettiva per il futuro? Non
è bastato aver messo in cassa inte-
grazione migliaia di operai dell’Ilva
e dell’Alcoa, annichilendo non un
solo polo industriale ma una fetta
cospicua del sistema Italia? O aver
dispiegato campo politiche di bilan-
cio che lungi dal contenere la crisi
ne hanno fatto un cane rabbioso ca-
pace di mordere soprattutto il ceto
Q
medio? O non aver saputo fronteg-
giare le emergenze sanità e scuola?
No, non bastava. Mentre aumenta-
no gli italiani costretti a rovistare
nei cassonetti e a recarsi alla Caritas
la necessità di compiacere la sinistra
filopalestinese e di accattivarsi la be-
nevolenza del mondo arabo, non
soltanto ha spinto l’esecutivo a vo-
tare per il pericolosissimo ricono-
scimento della Palestina come stato
non membro osservatore permanen-
te all’Onu. Non bastava questa de-
cisione che azzera, senza una legit-
timazione né una discussione
parlamentare, la linea della politica
italiana nei confronti del Medio
Oriente e indebolisce anni di lavoro
diplomatico, di accordi europei e di
tentativi da parte dei vertici israeliani
di “trattare” con i palestinesi, for-
nendo una sponda al l’estremismo
di Hamas e dei Fratelli musulmani
e al loro folle disegno di annientare
Israele.
No, alla genuflessione di fronte
a chi ha sparato 1200 missili in due
settimane contro Israele mancava
una manciata di ceci su cui eserci-
tare un’ulteriore dose di italico au-
tolesionismo. Proprio contestual-
mente alla responsabile decisione
del presidente della Repubblica di
alzarsi lo stipendio, è stato appro-
vato un disegno di legge che auto-
rizza la concessione di un contributo
di Hamas. Perché, nella palude del-
l’acquiescenza ai desiderata della si-
nistra filoaraba, l’aspetto più inquie-
tante ed eloquente è che il
contributo non è soggetto ad alcuna
rendicontazione! Il che significa che
il denaro drenato dal Fondo speciale
dello stato di previsione del mini-
stero dell’Economia e delle Finanze
andrà a foraggiare senza alcun con-
trollo le casse delle organizzazioni
estremiste palestinesi. Ma perché
stupirsi in un paese in cui le corag-
giose affermazioni liberaldemocra-
tiche del candidato alle primarie del
Pd Matteo Renzi sul conflitto israe-
lo–palestinese e sulla centralità...
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2
a dinamica è surreale: di quelle
che in genere, nel teatro greco,
chiamano “commedia degli equivo-
ci”. Quelle situazioni paradossali
ma possibili in cui i ruoli si scam-
biano, i personaggi si confondono
e lo spettatore si diverte proprio
quando la trama diventa un grande
malinteso. La politica italiana, nella
sua fase di crepuscolo, soggiogata
dal dominio della tecnocrazia e dallo
svuotamento della sovranità, vive
uno strano frenomeno che andrebbe
studiato nei futuri manuali che trat-
teranno di questo bipolarismo tra-
L
prima di Renzi. Ormai l’abisso che
sta separando centrodestra e cen-
trosinistra non è solo numerico, det-
tato dai sondaggi che danno la si-
nistra irrimediabilmente al doppio
della destra. Il duello tra Renzi e
Bersani è stato la prosecuzione del
rito trionfale di quei milioni di cit-
tadini che giorni prima si erano mes-
si in fila davanti ai gazebo in tutta
Italia, con la volontà di riprendersi
ciò che è loro: il diritto, proprio di
una democrazia, di scegliersi chi li
deve rappresentare. E così, Renzi e
Bersani, davanti alle telecamere,
hanno mostrato il volto di un’area
culturale e politica con idee, condi-
visbili o meno, trasformate in offerta
politica; il tutto, nel pieno rispetto
non solo l’uno dell’altro, ma di que-
gli elettori e di quei militanti che
hanno ritrovato quell’orgoglio di es-
sere di sinistra che molti a destra in-
vidiano. Il salotto di Bruno Vespa
ha invece raccolto i resti di ciò che
una volta è stato il Pdl; c’erano
Giorgia Meloni, Daniela Santanché,
Lupi e la Gelmini, per discutere
sull’astrazione delle primarie. Lì si
consumava un rito diverso, vuoto,
senza fede, in cui la sola Meloni cer-
cava con ostinazione e pazienza di
riportare sulla terra i suoi colleghi
che sembravano vivere in una bolla
di sapone, riconsegnando alla poli-
tica uno straccio di razionalità e di
senso: spiegando che la politica ha
bisogno di riavvicinare la gente at-
traverso strumenti che rendano i cit-
tadini partecipi e non spettatori; che
un partito ha bisogno di regole e de-
mocrazia per riuscire a fare ciò per
cui dovrebbe esistere e cioè selezio-
nare classe dirigente e intercettare
segmenti sociali; che il centrodestra
non è stato un’alchimia elettorale
che può essere spacchettata a piaci-
mento, ma un grande progetto fu-
sionista di stampo americano, ca-
pace di aggregare «le migliori
culture del paese, dalla destra iden-
titaria, al liberalismo cattolico, al-
l’area laico–riformista».
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di
ARTURO DIACONALE
di
BARBARA ALESSANDRINI
di
GIAMPAOLO ROSSI
solutamente aperta. Forse per una
ragione politica che non ha nulla a
che vedere con il Medio Oriente e
che riguarda la necessità del governo
tecnico italiano di muoversi in po-
litica estera in stretta sintonia con i
paesi dell’Unione Europea, Francia
in testa? Sicuramente sì. Bersani, che
si considera una sorta di Hollande
italiano, calibra i propri passi sul
terreno della politica estera seguen-
do attentamente le orme lasciate dal
presidente socialista francese. E Ma-
rio Monti, che non può e non vuole
compiere alcun atto distonico rispet-
to alle linee non solo economiche
ma anche diplomatiche indicate
dall’Europa (o meglio, dai paesi che
finanziario alla Delegazione generale
palestinese in Italia per il funziona-
mento della sua sede pari a 309.875
euro annui per il triennio dal 2005
al 2007. Gli aiuti umanitari non ba-
stavano, è evidente. All’Italia, mentre
i disoccupati toccano i 3 milioni, la
tassazione che strangola la maggior
parte degli italiani colpevoli di aver
sostenuto sacrifici per acquistare la
propria casa è richiesto l’obolo di
un milione di euro che, superfluo
dirlo, andranno a foraggiare l’ac-
quisto di razzi Kassan con cui col-
pire il nemico di sempre, Israele. Un
finanziamento che ha tutti i crismi
di una delega in bianco che ci ren-
derà correi delle azioni terroristiche
sformista e forse in via di estinzione:
il Pdl che diventa Pd, ed il Pd che si
trasforma in Pdl. L’altra sera, su Rai
Uno, la trasmutazione genetica dei
due schieramenti si è manifestata
con un’evidenza impressionante. Pri-
ma il dibattito per le primarie tra
Renzi e Bersani, uno show straor-
dinario ed unico per la politica ita-
liana; poi il salotto di Bruno Vespa,
con alcuni dei leader del centrode-
stra per parlare delle non–primarie
del Pdl. Ed in quella serata, nella
contiguità tra i due format, si è con-
sumato il gioco di specchi che fa
sembrare la sinistra ciò che era la
destra ai tempi di Berlusconi, e la
destra di oggi ciò che era la sinistra