II
POLITICA
II
Ormai è ufficiale: la sinistra italiana è irriformabile
di
FEDERICO PUNZI
on ogni probabilità sarà Ber-
sani a vincere le primarie del
centrosinistra, nonostante sia stato
letteralmente asfaltato nel duello
tv su Raiuno.
Perché l’elettorato tradizionale
della sinistra è molto conservatore
e diffida delle ricette dal retrogusto
liberale di Renzi e persino del suo
modo “moderno” di comunicare
(
solo perché brillante si merita
l’accusa di “cripto–berlusconia-
no”); e perché regole assurde (do-
ver sottoscrivere un impegno a vo-
tare centrosinistra qualunque
candidato vinca e inventare una
giustificazione plausibile per votare
al ballottaggio se non ci si è regi-
strati al primo turno) hanno reso
le primare molto meno aperte di
quanto asserito e di quanto sareb-
be servito al sindaco di Firenze per
sperare di scardinare “l’Apparat-
chik”.
Certo, ci si può accontentare
della percezione di vitalità trasmes-
sa al pubblico rispetto alle mace-
rie, e miserie, del campo avversa-
rio, il fu centrodestra, ma la realtà
è che alle prime vere primarie, do-
ve il principale competitor non si
accontentava di percentuali con-
cordate a tavolino, il Pd ha man-
cato l’ennesimo appuntamento
con la democrazia e la modernità.
L’amara realtà è che la sinistra
in Italia è irriformabile: il popolo
de sinistra” – vertici e gran parte
della base elettorale – è terroriz-
zato dalla prospettiva di un pro-
C
prio leader capace di attirare l’elet-
torato indipendente o di centro-
destra e reagisce abbandonandosi
ai peggiori istinti, quelli dell’epu-
razione.
Preferisce restare nel suo rassi-
curante recinto ideologico (e an-
tropologico), anche se minoritario,
piuttosto che conquistare/accoglie-
re nuovi elettori e aprirsi a nuove
idee. È più forte di loro: gli ex Pci
(
ma anche gli ex Dc) i concetti di
democrazia ed economia di mer-
cato non li hanno proprio afferra-
ti, non li hanno ancora assimilati.
Dopo la caduta del Muro si sono
adeguati, perché così richiedevano
le convenienze e le convenzioni del
momento, dei tempi. Ma non rie-
scono a convincersi intimamente
di potersi affidare pienamente né
alle logiche della democrazia né a
quelle del mercato, che nelle loro
proposte restano sospese tra un si-
mulacro e una presa in giro.
Ascoltiamo Bersani discutere
del patrimonio degli italiani come
di una ricchezza che si può in ogni
momento requisire per un preteso
bene superiore, o che è ancora
convinto che spetti al governo
«
dare» lavoro, dimostrando di
non possedere alcuna cognizione
di come la ricchezza si crea.
La «paura della sconfitta», ha
scritto ieri Massimo Franco sul
Corriere, spinge Renzi al «tutto
per tutto». E’ vero al contrario: di
Bersani e non di Renzi. Il «tutto
per tutto», la «forzatura» di
quest’ultimo sarebbe cercare fino
all’ultimo di convincere i cittadini
ad andare a votare, per qualunque
dei candidati rimasti in gara; il
«
tutto per tutto» di Bersani e dei
suoi uomini consiste nel piegare le
regole a competizione in corso per
cercare di impedirglielo. Chi dei
due finge di giocare alla democra-
zia e ha «paura della sconfitta»?
La spregiudicatezza con cui Ber-
sani da una parte, in tv, si atteggia
a leader serio, pacato e bonario,
con tanto di lacrimuccia, ma dal-
l’altra si avvale del 98% dei mem-
bri dei comitati provinciali e del
Comitato dei garanti per garantirsi
la vittoria, è degna di quella dei
leader comunisti dell’Est europeo
nel prendere il potere nel secondo
dopoguerra.
Le regole sono un pasticcio,
scritte così appositamente per la-
sciare il potere a chi sarebbe stato
chiamato ad applicarle, ma una
norma è abbastanza chiara: l’art.
14
del regolamento consente la re-
gistrazione per il ballottaggio di
coloro che «dichiarino» di aver
avuto un impedimento, non dipen-
dente dalla loro volontà, a regi-
strarsi prima del 25 novembre,
non di coloro che «dimostrino» o
che «risultino». Un’autocertifica-
zione, insomma, dovrebbe bastare.
Così sembrava pensarla anche Ber-
linguer in un’intervista diffusa do-
menica sera su Youdem, in cui non
menzionava affatto giustificazioni
di sorta. Dunque, il contestato sito
domenicavoto.it
è perfettamente
legale. Non le delibere che di ora
in ora cambiano le regole del gio-
co in corsa per tentare di arginare
il fenomeno Renzi dopo la disa-
strosa performance tv del segreta-
rio.
Per non parlare, poi, della bi-
slacca concezione del sistema a
doppio turno di Bersani e i suoi,
secondo cui aprire a nuove regi-
strazioni sarebbe una presa in giro
nei confronti dei tre milioni di elet-
tori che hanno votato al primo.
Gli italiani, insomma, sono av-
vertiti: Bersani governerà il paese
con lo stesso eccesso di burocrazia,
con la stessa arbitrarietà nell’in-
terpretare delle regole, con la stes-
sa mancanza di rispetto per la de-
mocrazia e i cittadini applicati alle
primarie.
Segnali di distensione.Marco Pannella si racconta
di
VALTER VECELLIO
l titolo ti fa pensare: ma che ti-
tolo è? Cosa significa, che cosa
ci si vuol dire, con quel “Segnali di
distensione”? E ancora: va bene,
Marco Pannella si racconta, ed è
un bel racconto che si sviluppa e si
dipana per quasi duecento pagine.
Dice tante cose Marco: è fluviale,
un Danubio e un Mississippi, ne ha
viste tante, e ne ha fatte ancora di
più, conosce tutti, e da tutti è co-
nosciuto… Non c’è italiano che
non gli debba qualche cosa, e non
solo italiano. Un gigante. Ma la
commozione è il sentimento che
proviamo una volta letto questo
suo “monologo”? Intendeva forse
commuoverci, Marco? O piuttosto
è l’ennesimo, instancabile suo ten-
tativo di farci conoscere, capire,
renderci consapevoli, mostrarci il
volto di una realtà conoscibilissima,
ma che per le nostre pigrizie, le no-
stre confortevoli certezze, i nostri
pavloviani riflessi, tendiamo a non
vedere?
Insomma, caro Antonio G.
D’Errico che hai confezionato que-
sto bel libro pubblicato da Edizioni
Anordest (pagg.187, 15 euro), cosa
hai voluto dire e dirci con questo
titolo strano? Pannella, dici, «com-
muove quando parla di giovani ge-
nerazioni che non cercano il con-
fronto ma tendono all’aggressione
verbale e non solo. Giovani che
manifestano odio, scaturito da una
cieca ottusità e di adesione alla dot-
trina che non ammette confronto.
Commuove anche quando racconta
I
di giovani che lo riconoscono per
strada, che lo salutano e gli dicono:
sei l’unico! Ma non lo prende come
un complimento, si risente: perché
gli unici, dice, vanno fatti fuori, no?
Essendo gente comune, ognuno di
noi è unico…». Pannella, mi per-
metto di dire, rende consapevoli, è
maieutico, una levatrice del pensie-
ro e della ragione. Ma sì: forse ci
sta anche la commozione…
Per cercare di capire non c’è al-
tro da fare che leggere il libro; che
visivamente si presenta bene: ca-
ratteri tipografici che non spaccano
gli occhi; ben rilegato, non ti si sfa-
scia in mano mentre lo sfogli…
non sono cose da poco, anche
l’“oggetto” ha sua importanza. In
copertina due belle fotografie di
Marco; e anche all’interno: Pannel-
la in tuta mimetica militare, quan-
do con altri dirigenti e militanti ra-
dicali trascorse il Capodanno nelle
trincee della Croazia invasa dalle
truppe di Milosevic; il congresso
radicale del 1992, quello che fissò
come obiettivo trentamila iscritti
(
e l’obiettivo venne conseguito); al
congresso del Cora ospitato da Vin-
cenzo Muccioli nella comunità di
San Patrignano; ai funerali di Pier-
giorgio Welby, e quando viene elet-
to segretario del Partito Radicale
Demba Traoré; a casa sua, vicino
Fontana di Trevi, e a colloquio con
Roberto Saviano; con Emma Bo-
nino e con Argentina Marchei, la
notte del 2 dicembre 1970, quando
alla Camera dei deputati veniva ap-
provata la legge sul divorzio (e an-
date a informarvi voi chi era e cosa
ha rappresentato Argentina); con
Enzo Tortora, imbavagliato con
Emma a una tribuna elettorale, ve-
stito da Babbo Natale, e a Bruxel-
les, mentre la gendarmeria lo tra-
scina via, a colloquio con Giovanni
Paolo II e con Giorgio Almirante…
quante altre, di fotografie, se ne po-
tevano scegliere; ma questa sola se-
lezione vale tutti i quindici euro del
prezzo del libro. Che ha molti altri
pregi.
Non so con quali capacità se-
duttive D’Errico sia riuscito a con-
vincere Marco a dedicargli sedute
su sedute, e a parlare davanti a un
registratore di tutto; un Pannella
in ottima forma, ed ecco il film con
gli obiettivi e le ragioni delle bat-
taglie politiche in corso; quello che
Se puntigliosi si impugna la
matita rossa e blu, si possono
senz’altro trovare qua e là ingenuità
e “stonature” stilistiche che strap-
pano un sorriso. Ma, beninteso, è
un cercare il pelo sull’uovo, quando
l’uovo c’è, ed è bello grosso. È stato
bravo D’Errico a “tradurre” in for-
ma scritta le immaginiamo lunghe
conversazioni con Marco, che come
d’abitudine avrà, nel suo dire, aper-
to mille parentesi, tonde, quadre,
graffe… No davvero: non dev’es-
sere stato facile rendere leggibile,
nella sua forma scritta il “parlato”
pannelliano. D’Errico è riuscito nel-
la sua impresa, e ci regala un libro
che faremo bene a procurarci: an-
che chi con Marco ha una certa
consuetudine, lo conosce e lo fre-
quenta, e magari ascoltando un ini-
zio di frase sa già dove e come la
concluderà, farà bene a procurar-
selo e a dedicargli qualche ora. Ma,
naturalmente, ci si augura che il li-
bro sia letto soprattutto da non ra-
dicali: da quella “brava gente”, per
rubare un’espressione di Pannella,
che da trenta–quarant’anni subisce
e patisce un regime fatto di men-
zogna e negazione della conoscen-
za. Leggendo questo libro–conver-
sazione se ne ricava un’immagine
di Pannella che certo corrisponde
all’idea che di lui ci si è fatta; ma
il libro contiene qualche piacevole
e utile sorpresa anche per chi i ra-
dicali li frequenta, e Marco lo co-
nosce. E poi ringraziatelo D’Errico.
Il suo libro è aria pulita dopo aver
respirato a lungo porcherie e smog.
Leggere per credere.
è stato e perché; e quello che ci si
augura possa essere… Un racconto
che si sviluppa in otto capitoli, do-
ve Marco parla di sé, e quindi di
noi: quella pattuglia di “pazzi ma-
linconici” che sessant’anni fa, a di-
spetto di ogni logica e buon senso,
seppero sottrarsi alla tentazione di
fare le cose “ragionevoli” e fecero
le cose giuste. È grazie a quelle scel-
te, a quella ostinazione, a quella
cultura per anni mortificata e ne-
gata, se oggi siamo quello che sia-
mo… le lotte per la giustizia e l’am-
nistia, quelle di oggi e quelle di
sempre; i referendum, l’analisi sul
regime, la sua dimensione struttu-
ralmente, tecnicamente criminale
(
e spesso criminale anche sotto il
profilo del codice penale…).
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 1 DICEMBRE 2012
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